Claudio Scajola sarà sentito presto dai magistrati. Mentre l'inchiesta sulle dubbie compravendite immobiliari e gli affari illeciti fatti da vip e politici con «la cricca del G8» si sta allargando. È di ieri la notizia che, in base a una nuova testimonianza, spunta nell'indagine di Perugia il nome di Pietro Lunardi, già ministro delle infrastrutture. Ma si parla anche di un titolare in carica di un dicastero del governo, di un parlamentare Pdl, di un assessore regionale.

Scajola, intanto, sarà ascoltato dai pubblici ministeri della procura di Perugia, in qualità di testimone. È in questo ruolo, per ora, che il ministro dello Sviluppo Economico entrerà ufficialmente a colloquio con i pm Alessia Tavernesi e Sergio Sottani. I procuratori gli chiederanno spiegazione del perché Diego Anemone, ora in carcere per corruzione e facente parte della «cricca», come l'hanno definita i pm, insieme ai funzionari dei Lavori pubblici Angelo Balducci, Mauro Della Giovanpaola e Fabio De Santis, incaricò l'architetto Angelo Zampolini – che gli stessi pm vorrebbero arrestare per riciclaggio – di pagare con 900mila euro, in assegni circolari, una casa romana di 180 metri quadri con vista sul Colosseo. Un'abitazione pagata secondo rogito poco più di 600 mila euro, a cui si sarebbero aggiunti per la parte venditrice gli assegni circolari di Zampolini.

La scelta dei pubblici ministeri di sentire Scajola come testimone, se in apparenza fa entrare in procura il ministro dello Sviluppo economico come non indagato, in realtà potrebbe rivelarsi un boomerang per l'interessato. Perché, stando alle carte, il rischio è che i pm possano trarre, dalle dichiarazioni rese da Scajola, conferme alle loro ipotesi investigative, e trasformare la sua posizione da testimone a incriminato. Poi, certo, la vicenda passerà al tribunale dei ministri, presso la procura di Roma. Ma intanto le difese più volte espresse in pubblico dal ministro sulla sua assoluta innocenza comincerebbero a vacillare. Sul confronto con i magistrati, come persona informata dei fatti, Scajola chiarisce di aver proposto un incontro a breve, «compatibilmente con i miei impegni di governo».

Ieri, nel corso di un pomeriggio particolarmente difficile, Claudio Scajola ha approntato insieme al legale di fiducia e ai più stretti consiglieri i punti chiave della difesa volta ad allontanare quelle che sono giudicate tesi infondate. «Degli assegni circolari consegnati alle due proprietarie ho letto solo sui giornali. Con l'imprenditore Diego Anemone nessun legame o appalto sospetto, e l'architetto Angelo Zampolini lo ricordo appena». Questa l'essenza della versione del ministro. L'intenzione, ad ogni modo, è di andare avanti, senza ripetere quanto accadde con il caso Biagi, «non avendo colpe».

Nella sua ricostruzione Scajola, che sottolinea a più riprese di non essere indagato, di fatto smentisce la versione delle due signore con cui nel 2004 firmò il rogito per l'appartamento nell'ufficio da ministro dell'Attuazione del programma. Finora non c'è nessuna versione ufficiale sui verbali delle due proprietarie – è il punto chiave della replica – e anche la testimonianza del notaio apparirebbe poco salda, quantomeno contraddittoria per quanto riportato finora sui giornali. In ogni caso, ammesso che la versione delle due signore fosse agli atti – è il ragionamento – si tratterebbe della loro parola contro quella del ministro.

Fu Angelo Balducci, ex provveditore alle Opere pubbliche, ad aiutare Scajola nella ricerca di un appartamento nel periodo in cui, da ministro dell'Attuazione, risiedeva a Roma in albergo. Vago il ricordo di Zampolini, a sua volta conoscente di Balducci, e artefice, secondo gli inquirenti, del passaggio di 900mila euro da contanti ad assegni circolari poi finiti alle proprietarie dell'appartamento di via del Fagutale. Circostanza smentita da Scajola, che sottolinea ancora di aver pagato, al momento del rogito, la somma pattuita pari a 610mila euro con mutuo acceso con il Banco di Napoli.

Un valore che, secondo il ministro, nonostante la prestigiosa vista sul Colosseo, sarebbe congruo considerato che si tratta di un ammezzato, acquistato in condizioni non ottimali. Quanto all'imprenditore Anemone, Scajola ricorda di averlo incontrato in alcune circostanze dopo essersi insediato al Viminale, perché una sua ditta era già stata precedentemente incaricata di eseguire la messa in sicurezza dell'alloggio di servizio che viene assegnato a ogni ministro dell'Interno. Nessun appalto, è la tesi, sarebbe stato agevolato.

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