Celebrare i 150 anni dell'Unità d'Italia significa tante cose diverse, verificare da dove veniamo ma anche dove siamo arrivati e dove andiamo. Sono le parole pronunciate ieri dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e sono tra le poche dichiarazioni di saggezza e buon senso che abbiamo ascoltato in questi giorni. Per il resto parole in libertà. Bossi: vado solo se me lo chiede Napolitano, che mi sta simpatico (sic!). Calderoli: il modo migliore per celebrare l'Unità d'Italia è non festeggiare e lavorare per il federalismo. Con analoghe risposte dal fronte opposto e interno al centro-destra e per non parlare dello scontro tra Fini e Bondi sull'impegno del Pdl nelle celebrazioni. Insufficiente per il presidente della Camera, apprezzabile per il ministro. L'Italia di tutto ha bisogno tranne che di giochini, di dichiarazioni e controdichiarazioni da bar Sport sull'unità della nazione. La contrapposizione è il sale della politica, ma la polemica per guadagnarsi dieci minuti di pubblicità talvolta dovrebbe fermarsi. Almeno ogni 150 anni. Il giochino morettiano del «mi si nota di più se non vado o se vado o sto in disparte» è cosa da fine anni 70 e da intellettuale di sinistra. Non certo da ministro della Lega.

 

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