L'oro rimane un solido approdo, forse l'unico, nel mare reso infido dalla crisi dei debiti sovrani e dalle violente oscillazioni delle borse, delle valute e dei titoli di stato. Ieri i mercati hanno visto gli investitori allontanarsi progressivamente da molte materie prime. Lo si è avvertito nettamente per zucchero, caffè, cotone, riso, semi di soia, nickel, alluminio.
La caduta più vistosa però è stata quella del petrolio. Per tutta la prima parte della giornata pareva un graduale assestamento dei prezzi in dollari, in linea con il recupero del biglietto verde rispetto all'euro e al franco svizzero. Nel tardo pomeriggio tuttavia lo spostamento di posizioni dal comparto dell'energia verso i beni rifugio è diventato una fuga precipitosa.

Il greggio al Nymex ha chiuso con una flessione del 3,6%, a 77,11 dollari al barile, il minimo da metà febbraio, ma nel dopoborsa il crollo è diventato ancor più rovinoso, con il Wti per consegna in giugno che ha fatto lampeggiare più volte gli schermi degli operatori sotto i 75 dollari. Poco differente la tendenza emersa sul Brent, che all'Ice di Londra ha concluso la sessione ufficiale sotto gli 80 $/bbl, in calo del 3,4 per cento.

Sul mercato dell'oro la svolta pomeridiana è fotografata dal record assoluto toccato poco dopo le 8 di sera a Londra dalle quotazioni espresse in euro e in franchi svizzeri, rispettivamente 950,024 e 1.333,583 per un'oncia (pari a 31,104 grammi). La corsa, che a quel punto sembrava aver esaurito la sua spinta, ha ripreso foga mezz'ora dopo, macinando anche questi primati e arrivando a portare anche la cifra in valuta americana su livelli mai registrati negli ultimi 5 mesi, superiori a 1.210 dollari/oz.

Già in mattinata fiorivano analisi sul metallo tutte improntate al rialzo. Uno studio della Standard Chartered sosteneva che l'oro nel quarto trimestre potrebbe attestarsi su un valore medio di 1.300 dollari – da notare che il record storico è per il momento quello segnalato la mattina del 3 dicembre scorso, a 1.226,40 dollari – mentre le charts dei prezzi in euro sembrano puntare su un obiettivo superiore a 1.020 €/oz, cifra che per l'analisi tecnica potrebbe essere raggiunta entro fine mese.

La richiesta d'altra parte non manca. L'Etf più importante, l'Spdr Gold Trust, ha raccolto a tutto il 5 maggio 1.166 tonnellate, 50 di più rispetto a due mesi prima. Lo strumento si scambia come qualunque titolo azionario e replica il valore dell'oro sottostante.

Anche in Italia la paura della crisi greca e del possibile contagio ha spinto gli investitori verso l'oro. «La clientela c'è ed è sempre la media borghesia – nota Roberto Binetti, di Confinvest – che protegge la sua liquidità dedicandone una parte al bene rifugio».

Il problema, per chi non abbia scorte sufficienti, può essere la temporanea mancanza di lingotti o monete con cui soddisfare i compratori. C'è però anche un discreto flusso di offerte di oro vecchio, una risorsa oggi ben remunerata.

L'andamento del mercato denuncia comunque la paura e la confusione nate dalla crisi dell'eurozona: un investimento alternativo come l'oro sta diventando un punto fermo e rispolvera il vecchio ruolo di valuta universale.

Roberto Capezzuoli
 

Shopping24