Celestina Dominelli
ROMA
Si è chiuso tutto il giorno a Palazzo Grazioli, tenuto lontano dal consiglio dei ministri da una fastidiosa laringite. Ma la sua agenda di ieri non si è fermata e Silvio Berlusconi ha trovato anche il tempo di ricevere il sottosegretario all'Economia, Nicola Cosentino, e il neogovernatore Stefano Caldoro, che gli hanno illustrato i disastrati conti della Campania.
L'eredità di Bassolino non è però al centro dei pensieri del premier. Preoccupato soprattutto dagli sviluppi dell'inchiesta perugina. E da quelle otto pagine piene di nomi scovati nel pc dell'imprenditore Diego Anemone, da cui il Cavaliere teme possano arrivare nuovi colpi all'esecutivo.
Per questo, a chi lo ha incontrato ieri, Berlusconi ha sottolineato la sua amarezza crescente verso un ciclone giudiziario senza controllo che potrebbe colpire altre tessere del suo esecutivo, minandone la stessa stabilità. «Io non c'entro, non ho mai usato la politica per gli affari – è il suo ragionamento – e sono il primo a chiedere pulizia sempre. Questo però è il modo peggiore, così si fa solo sciacallaggio, ma chi sbaglia sarà comunque messo alla porta».
I timori per gli effetti legati alla lista sono tutt'uno con l'irritazione del Cavaliere verso chi avrebbe puntato ad arricchirsi nonostante i benefici del suo ruolo politico. Non fa nomi Berlusconi, ma il caso Scajola ha squarciato le sue certezze. Certo il Cavaliere resta garantista («non si può buttare tutti nel tritacarne») e si guarda bene dal parlare di una nuova Tangentopoli preferendo piuttosto pensare a singole schegge impazzite. Ma intanto prende tempo sul dopo Scajola, vuole capire se nuovi nomi saranno colpiti fermo restando «che eventuali altre responsabilità sarebbero tutte da dimostrare».
Lo ha detto anche a un gruppo di imprenditori ricevuto due sere fa a Palazzo Grazioli a cui il Cavaliere ha ribadito la sua linea: se qualcun altro ha sbagliato non resterà che metterlo fuori dall'esecutivo. Per ora comunque il governo è stabile, «abbiamo i numeri per governare», e anche il rapporto con Fini, nonostante il gelo, non desta preoccupazioni.
Certo è difficile fare previsioni su cosa salterà ancora fuori dopo quella che, per Fabrizio Cicchitto «è l'ennesima lista di proscrizione», ma Berlusconi è rincuorato dal sapere che il suo alleato più fedele gli è vicino. «È un inchiesta un po' strana - è l'analisi di Umberto Bossi – forse un po' preparata», ma anche se dovessero essere coinvolti altri ministri «finché ci siamo io, la Lega e Tremonti, il governo non rischia, non lo buttano giù». Mentre l'opposizione, con il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, chiede che «si vada assolutamente a fondo. Il governo deve mettere mano all'impianto altrimenti la corruzione dilagherà». E comunque, chiarisce il leader dei democratici, «se ci saranno sviluppi di un certo tipo noi siamo pronti».
Sullo sfondo resta la porta mai chiusa verso l'Udc. Ma restano soprattutto le tensioni con Gianfranco Fini, acuite da quello che lo stesso Cavaliere ha definito «un grande pasticcio». Perché la mossa di mandare in campo il coordinatore Denis Verdini, per riavviare il dialogo, è fallita miseramente. Convincendolo che la scelta di affidarsi a mediatori non è forse la migliore. Anche se il Cavaliere ha comunque gradito l'iniziativa di Spazio aperto, promossa da alcuni ex An, Andrea Augello e Silvano Moffa, e lanciata ieri ufficialmente. Tanto da spingere alcuni dei suoi uomini più vicini, da Cicchitto a Gaetano Quagliariello, a lodarne l'avvio. «È evidente - ragiona un esponente di spicco della maggioranza – che il presidente Berlusconi sta lanciando un messaggio distensivo a Fini dopo l'incidente con Verdini. I due sono andati oltre le loro stesse intenzioni e tornare indietro non sarà semplice».
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