Domenico Lusi
Sono oltre 400, ma al momento soltanto alcuni dei politici, alti funzionari di Stato e vip presenti nella lista di nomi collegata al sistema-Anemome sono realmente coinvolti nell'inchiesta sugli appalti per i grandi eventi. Tutte persone per conto delle quali le aziende del costruttore, Diego Anemone, il principale indagato, avrebbero eseguito lavori. Che in alcuni casi, sospettano i pm, servivano a guadagnarsi i favori necessari a ottenere appalti pubblici.
La maggior parte delle persone presenti nell'elenco sequestrato il 14 ottobre del 2008 ad Anemone dalla Guardia di finanza, non risulta per ora toccata direttamente dall'indagine. È il caso del vicepresidente del Csm, Nicola Mancino. «Anemone non mi ha fatto alcun regalo – afferma – né lui ha ricevuto da me alcun tipo di protezione». Quando nel 1992 fu nominato ministro dell'Interno, spiega, il Sisde commissionò all'impresa di Anemone lavori per la messa in sicurezza dell'appartamento dove abitava in affitto a Roma. Successivamente, quando si trasferisce nella casa in Via Arno, Mancino fa fare a sue spese alcuni lavori: «Fu naturale rivolgermi a un'impresa che godeva della fiducia di istituzioni prestigiose». Si dice sorpreso l'ex ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio: «Non ho mai avuto a che fare con cose così. Vivo in una casa in affitto». Smentiscono ogni contatto con Anemone anche il capo di gabinetto del ministro della Giustizia, Settembrino Nebbioso, l'ex sottosegretario alla Giustizia, Michele Vietti, il capo dell'ufficio legislativo della Protezione civile, Giacomo Aiello, il presidente dell'Enac, Vito Riggio. Taglia corto Gaetano Silvestri, giudice della Corte costituzionale: «Non conosco Anemone e non ho case a Roma». Tra i vip tirati in ballo, anche la giornalista del Tg5 Cesara Buonamici: «L'appartamento in questione è di proprietà di un ente che ha commissionato i lavori di ristrutturazione prima del mio ingresso».
Più delicata la posizione di altri nomi della lista. A partire dall'ex ministro Claudio Scajola, che non è indagato. Ha sempre negato di sapere chi fosse Anemone. Ma secondo quanto emerso finora, fu proprio il costruttore a consegnargli 900mila euro, usati per pagare in parte l'appartamento con vista sul Colosseo acquistato il 6 luglio del 2004. Dalla lista emergerebbero anche altri due interventi: in un appartamento di via Barberini 38 e nel suo ufficio di ministro di via Molise. Nell'occhio del ciclone anche Bertolaso, indagato per corruzione. «Pagai regolarmente Anemone – ha ribadito – per i lavori nell'abitazione della mia famiglia. Non possiedo case in via Giulia». Quanto ai lavori svolti nelle sedi del dipartimento di via Ulpiano e via Vitorchiano, sono stati fatti «in assoluta armonia con la normativa vigente». C'è poi l'ex ministro delle Infrastrutture, Pietro Lunardi. Ha sempre detto di avere utilizzato le imprese di Anemone per trascurabili lavori nella sua casa vicino Parma. Ma dalla lista emergono altri interventi: nel palazzo di via dei Prefetti (secondo i pm acquistato da Lunardi a bassissimo costo grazie ai buoni uffici di Anemone), a Cortina d'Ampezzo e nell'ufficio di Via Parigi. In una lettera indirizzata al ministro Matteoli, si è detto estraneo alla vicenda anche Ercole Incalza, capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture. Secondo i pm, Anemone avrebbe pagato parte di un appartamento destinato alla figlia e al genero.
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EX MINISTRO

«Lavori richiesti dal Sisde»
Nicola Mancino, vicepresidente del Csm, ha spiegato che nel 1992, quando fu nominato ministro dell'Interno, il Sisde commissionò all'impresa di Anemone lavori per la messa in sicurezza dell'appartamento dove abitava in affitto a Roma

 

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