Prosegue con intensità massima il braccio di ferro tra i creditori di Federconsorzi e UniCredit. Il gruppo bancario, nel giorno del debutto in Borsa dell'operazione di aumento di capitale da 4 miliardi, ha precisato che, riguardo alla causa civile intentata da alcuni creditori di Federconsorzi in seguito al noto crack da cinquemila miliardi di lire datato 1991, una sentenza della Cassazione del 2006 «ha dichiarato lecite le vicende che hanno portato alla liquidazione». Così piazza Cordusio attraverso una dichiarazione dell'amministratore delegato Alessandro Profumo riportata sul Sole24Ore.

Martedì la nuova replica di Kensington e Springfield Associates, due tra i maggiori creditori di Federconsorzi (federazione che riuniva i 72 consorzi agrari provinciali italiani), secondo i quali «è importante sottolineare che la sentenza della Cassazione del 2006 ha riguardato esclusivamente la condotta penale» di Pellegrino Capaldo e di altri imputati «e non anche la legittimità dell'operazione di acquisto del patrimonio di Fedit (perfezionata dalle banche tramite la Società Gestione per il Realizzo) da un punto di vista civilistico e fallimentare, aspetto su cui ad oggi nessun Tribunale si è mai pronunciato». Al contrario, «lo spunto per introdurre l'azione civile contro UniCredit è sorto proprio dai fatti emersi nel procedimento penale poi definito con quella sentenza».

Capaldo, ex presidente della Banca di Roma (poi confluita in Capitalia e infine in UniCredit) e della Società Gestione Realizzo (Sgr), aveva sempre difeso il piano e la propria linea di condotta (fu pagato un prezzo di 2.150 miliardi contro asset stimati pari a 4.800 miliardi), nonostante la condanna in primo grado a quattro anni, datata 29 settembre 2002, seguita poi dall'assoluzione della Corte d'Appello di Perugia, il 12 giugno 2004. In un'intervista pubblicata da Corriere della Sera pochi giorni dopo la prima sentenza, il 5 ottobre 2002, Capaldo aveva ribadito di essere convinto della bontà dell'operazione Fedit-Sgr dichiarando: «Lo rifarei non una, ma tre volte».

La polemica a distanza si è riaccesa dopo che lunedì Kensington e Springfield hanno chiesto al Tribunale di Roma di disporre l'interrogatorio formale del legale rappresentante di UniCredit, oltre a una perizia tesa ad accertare i danni subiti dai propri assistiti. In aggiunta al deposito di ulteriori e numerosi documenti, i creditori hanno richiesto la prova testimoniale di alcuni soggetti che, all'epoca dei fatti, ricoprivano un ruolo centrale in Federconsorzi e all'interno del gruppo bancario oggi riconducibile a Unicredit.

La perdita dichiarata da Kensington e Springfield a seguito dello scandalo Federconsorzi è
superiore a 80 milioni di Euro. La tesi più controversa, e fortemente contrastata dalla banca milanese, è che, nel caso in cui alcuni o tutti gli altri creditori di Federconsorzi dovessero affiancare i due fondi nel contenzioso, UniCredit potrebbe trovarsi a dover fronteggiare richieste di risarcimento danni fino a 2,2 miliardi di Euro circa. Anche ieri Profumo ha ribadito che «la causa civile presenta un petitum nei confronti di UniCredit di 78 milioni e non di 2,2 miliardi».

I creditori lamentano, peraltro, che l'azione è stata avviata dinanzi il Tribunale di Roma alla fine del 2008, ma la prima udienza si è tenuta soltanto il 10 novembre 2009. «In quell'occasione - è la tesi dei creditori di Fedit - Unicredit ha presentato una difesa molto scarna, chiedendo al Tribunale di rinviare la causa direttamente all'udienza finale, cioè saltando la fase istruttoria, ritenuta a suo avviso non necessaria». Il Tribunale di Roma ha rifiutato tale richiesta ed aperto la fase istruttoria, concedendo alle parti la possibilità di depositare ulteriori atti e documenti a sostegno delle rispettive tesi e di articolare i necessari mezzi di prova.

Il dissesto di Federconsorzi è stato uno dei più clamorosi della storia della Repubblica, il più consistente in Europa prima del crack Parmalat. Commissariata il 17 maggio del 1991, Fedit è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo il 18 luglio dello stesso anno, ma già dopo pochi anni la cessione in blocco dei suoi beni a un ristretto numero di banche (guidate da UniCredit) aveva destato dubbi di legittimità, sia civili che penali, dando vita a svariati contenziosi. Quasi un ventennio al termine del quale «i creditori di Federconsorzi aspettano ancora di capire dove sia la verità». (a cura di Alberto Annicchiarico)

 

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