Qui i politici prendevano direttamente i soldi dalla banca». Insomma, ogni epoca ha le sue procedure, e in quel caso furono davvero disinvolte. Lo scandalo della Banca Romana, ed in generale la crisi del sistema bancario, fu causato dalla grave depressione iniziata nel 1887-88 e per gli eccessivi investimenti nel settore edilizio, specialmente a Roma e dopo il trasferimento della capitale, a Napoli, per le operazioni di risanamento seguite al colera del 1884, che si rivelarono fallimentari per la stessa Banca Romana. Questa - guidata dallo spregiudicato governatore Tanlongo, per molti "il sor Bernardo", archetipo dell'elemosiniere tessitore di ragnatele proficue nel sottobosco politico - per coprire le perdite, non solo iniziò ad emettere nuova moneta senza autorizzazione, ma aveva addirittura proceduto alla stampa di due blocchi di biglietti aventi lo stesso numero di serie, in modo da raddoppiare, senza darlo a vedere, l'emissione. In tutto una truffa da un centinaio di milioni di lire ottocentesche, a cui buona parte del sistema politico aveva attinto.
«É la madre di tutti gli scandali finanziari del secolo scorso e del nuovo millennio - dice ancora Reali - allora Tanlongo emetteva pezzi di carta che venivano chiamati banconote, stampando anche il doppio della valuta a disposizione senza essere controllato da nessuno. Oggi i titoli tossici sono pezzi di carta che dovrebbero avere un valore, ma chi lo garantisce? Ai risparmiatori truffati da Lehman Brothers o da Parmalat successe esattamente la stessa cosa di coloro che alimentavano il proprio conto corrente alla fine dell'Ottocento».
La fiction - protagonisti Giuseppe Fiorello nei panni romanzati di un giornalista senza macchia, Vincent Perez, direttore di giornale assai colluso e la bellissima donna di potere Andrea Osvart, che in fondo in fondo crede nella verità - è un continuo gioco di specchi tra idealità e malaffare, ipocrisia e realismo («Più mi attaccano più la gente mi vuol bene» grida il "cattivo"), che fa leva su tutti gli ingredienti ghiotti dell'immaginario. Una vicenda che, alla fine, ha lasciato tutto com'era, anche nei libri di storia: «Abbiamo raccontato la verità su personaggi come Crispi e Giolitti, a cui sono intitolate decine di piazze e vie in Italia, che sono usciti illibati da un processo in cui erano pesantemente coinvolti» ribatte Reali, che commenta amaro: «I truffati di allora e di oggi hanno le stesse certezze: sanno che chi ruba pagherà con una breve pena non commisurata al suo reato, che godrà del gruzzolo che si sarà messo via illegalmente e che il maltolto non verrà mai restituito.
Questo è accaduto allora come accadde oggi nello sciocco mercato del titolo facile, del bond, della finanza pirata». Forse è una piccola consolazione il ricordo che uno dei più alti discorsi mai pronunciati a Montecitorio nella sua storia di parlamento dell'Italia unitaria fu dedicato proprio alla scandalo della banca romana, dal deputato repubblicano Napoleone Colajanni, il 20 dicembre 1893, discorso che, pare, fu determinante nella future scelte di un altro grande siciliano, Luigi Sturzo.
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