Il caso Grecia continua a tenere banco, nonostante le assicurazioni di Atene su una rapida riduzione del deficit. Non crede che un salvataggio debba considerarsi necessario o forse anche inevitabile?
La Grecia è in una situazione molto difficile: non solo il deficit è a livelli molto elevati, ma il paese ha anche sofferto una grave perdita di competitività. Questi problemi non sono legati alla crisi globale, ma sono stati creati in casa. E devono essere affrontati con le dovute misure economiche nell'interesse dei cittadini greci e nel rispetto delle responsabilità che il governo ha nei confronti della moneta unica e dei paesi partner. Le regole, ribadite in una dichiarazione dell'Ecofin a Cardiff nel 1998, sono chiare: la partecipazione all'Unione monetaria non consente alcun diritto a rivendicare sostegno finanziario da parte di uno Stato membro.
Ma appartenere all'Unione monetaria non significa anche solidarietà, oltre che responsabilità? Gli stessi Trattati permettono «un'assistenza finanziaria» nel caso di «gravi difficoltà» e in «circostanze eccezionali».
È vero, ma i Trattati dicono anche che queste circostanze devono «sfuggire al controllo» del paese in questione. Non è il nostro caso. Come ho appena detto, i problemi della Grecia sono prettamente greci, come ha ammesso lo stesso premier George Papandreou. In questi anni, il paese non ha tenuto sotto controllo i conti pubblici, né ha lavorato per migliorare la competitività. I Trattati prevedono la clausola di non salvataggio e le regole vanno rispettate. È un aspetto cruciale per garantire il futuro di un'Unione monetaria tra paesi sovrani con bilanci nazionali. I mercati si illudono quando pensano che a un certo punto gli altri Stati membri metteranno mano al portafoglio per salvare la Grecia.
Passiamo all'economia della zona euro a poco più di un anno dal fallimento di Lehman Brothers. Le ultime previsioni della Bce sono molto caute: prevedono una crescita tra lo 0,1 e l'1,5% nel 2010 e tra lo 0,2 e il 2,2% nel 2011. Sembrate meno ottimisti di molti economisti.
È vero, siamo cauti, ma la situazione è ancora incerta. E si riflette nelle forchette ampie dei nostri economisti. La situazione economica è migliorata e dal terzo trimestre si è tornati a crescere. I dati sono influenzati da una ripresa dell'export, ma anche dall'andamento delle scorte e dagli aiuti statali all'economia. Questi due ultimi fattori sono di natura temporanea. Non basta: crediamo che l'aggiustamento dei bilanci delle banche, delle imprese e delle famiglie non sia terminato e che la situazione sul mercato del lavoro peggiorerà nei prossimi mesi.
La massa monetaria è scesa a novembre, per la prima volta nella storia di questo indicatore; anche i dati sui prestiti sono preoccupanti. Cosa ne pensa?
Il calo di M3 è più che altro la conferma di una tendenza; non lo sopravvaluterei. Tra le altre cose, c'è anche un effetto correzione dopo la forte crescita della massa monetaria negli ultimi anni. Sul fronte dei prestiti, anche qui non sarei pessimista. A novembre, i crediti alle famiglie sono cresciuti; quelli alle imprese non finanziarie sono calati. Di solito, durante una ripresa i prestiti alle famiglie tornano in territorio positivo con tre-quattro trimestri di anticipo rispetto ai crediti alle aziende. So che in molti paesi c'è il timore di una stretta creditizia, ma dal nostro punto di vista il calo dei prestiti è dovuto più a una diminuzione della domanda che a una contrazione dell'offerta.
C'è chi teme l'inflazione (era allo 0,9% a dicembre), a causa dell'abbondante liquidità e degli elevati deficit, e chi invece è preoccupato dalla deflazione, a causa della crescita debole. Qual è la sua analisi?
Sulla base dell'attuale analisi economica e monetaria non vedo rischi per la stabilità dei prezzi da qui alla fine del 2011. Oggi la zona euro è caratterizzata da un alto grado di stabilità dei prezzi, che ci permette di ritenere appropriato il costo del denaro (all'1%). Non sono quindi per nulla preoccupato né per l'attuale livello dell'inflazione né per il livello previsto nei prossimi due anni. Rischi su questo fronte potrebbero emergere solo se la crescita dovesse rivelarsi più forte delle attese o se non fossimo capaci di riassorbire con tempestività l'eccesso di liquidità sui mercati. Due condizioni che oggi non vedo.
La sua analisi economica riflette ancora una certa cautela. Eppure le Borse sono in forte crescita da alcuni mesi. Sta nascendo una nuova bolla?
La crescita dei mercati azionari nasconde in parte una correzione dopo il tracollo di fine 2008. L'avversione al rischio appare quindi normalizzata. Detto ciò, la situazione merita un'analisi molto attenta: l'andamento dei mercati si basa su fondamentali economici o sugli interventi dei governi nazionali e delle banche centrali? Per ora, non sono preoccupato dall'emergere di una nuova bolla, ma è chiaro che l'abbondante liquidità messa a disposizione dell'economia in questi mesi comporta rischi ed effetti negativi.
In questo senso, la Bce ha deciso di iniziare a smantellare le misure di emergenza introdotte durante la crisi, a partire dalle operazioni di liquidità a 12 mesi. Non avete però il timore di incappare negli stessi errori degli anni 30, quando negli Stati Uniti la crisi provocata dal crack del 1929 fu dichiarata conclusa troppo in fretta?
Abbiamo spiegato che ritireremo le misure d'emergenza in modo graduale e progressivo, senza cambiamenti bruschi. Il sostegno al credito continuerà, ma siamo convinti che alcune misure non siano più necessarie come prima. Peraltro, il confronto con gli anni 30 è pertinente fino a un certo punto: molte cose sono cambiate e soprattutto l'aiuto pubblico è stato oggi assai più generoso di allora. Quanto più i governi continueranno a intervenire nell'economia e le banche centrali protrarranno le misure d'emergenza tanto più sarà forte il rischio di introdurre distorsioni e indurre gli investitori a cadere nell'azzardo morale.
IL PERSONAGGIO
Capo economista
Jürgen Stark (61 anni), economista tedesco, è membro del consiglio esecutivo della Banca centrale europea da giugno 2006. È il responsabile dell'analisi economica e monetaria, spesso viene indicato in modo informale come il capo economista della Banca centrale
Carriera
Dal 1978 al 1998 ha svolto incarichi politici nel governo tedesco. Da settembre 1998 a maggio 2006 è stato, per due mandati consecutivi, vicepresidente della Bundesbank
©RIPRODUZIONE RISERVATA