L'input impartito da via Nazionale ai sei big del sistema creditizio italiani (Intesa San Paolo, Unicredit, Mps, Mediobanca, Banco Popolare e Ubi) e ai vertici dell'Abi riguarda l'azione di rafforzamento patrimoniale: è vero - hanno riconosciuto gli uomini del direttorio - che durante lo scorso anno le banche italiane hanno significativamente rafforzato il loro patrimonio; ma è vero anche che quest'azione deve continuare, tenendo d'occhio quello che sarà l'assetto futuro delle regole internazionali sui requisiti di capitale.
Un assetto che forse è ancora di là da venire dal punto di vista operativo grazie a un congruo periodo di grand fathering previsto a livello internazionale; ma che i mercati hanno già incominciato a scontare (le grandi agenzie di rating già calcolano i nuovi requisiti minimi di patrimonio) e quindi a richiedere oggi al sistema creditizio.
Dal canto loro, le banche hanno fornito agli esperti di via Nazionale un quadro di congiuntura economica e creditizia molto prudente: in sostanza nella discussione sarebbe emerso che, anche se il momento più acuto della crisi finanziaria è ormai alle spalle e i problemi di liquidità sembrano superati, la ripresa dell'attività produttiva in Italia è ancora piuttosto incerta, fragile e, soprattutto, tutt'altro che uniforme fra aree del paese e fra settori di attività economica. Per questo – hanno sottolineato i banchieri – non si sta configurando per il nostro paese un problema di credit crunch, ma è la domanda di credito a essere tuttora piuttosto esangue.
Del resto - ha osservato qualcuno dei partecipanti alla riunione - non si può definire restrizione dell'offerta di prestiti quel 6-7% di crediti che non viene concesso per problemi di merito di credito dei clienti: in quei casi, le banche applicano criteri di sana e prudente gestione. Passando alla situazione dei conti economici e patrimoniali, i banchieri hanno lamentato l'aumento delle perdite su crediti per il 2009 e il 2010: un problema crescente, quello legato agli incagli e alle sofferenze, tanto più consistente per le aziende di credito italiane che fanno credito a un sistema industriale basato in larghissima maggioranza sulle piccole e medie imprese. Alcuni banchieri hanno poi spiegato che i loro accantonamenti a fondo rischi in una percentuale di larghissima maggioranza sono realizzati a fronte di prestiti inferiori al milione di euro.
Molti i timori, espressi da più di un banchiere, sulle prospettive della nuova regolamentazione a livello internazionale: timori connessi soprattutto al rischio di una penalizzazione dal lato fiscale, dovuta al fatto che le aziende di credito italiane hanno, rispetto alle loro consorelle di altri paesi, forti crediti d'imposta connessi a tasse anticipate che in prospettiva dovranno essere dedotti dal patrimonio di vigilanza.
Il Governatore ha ricordato che il processo di riforma delle regole internazionali ha preso un ritmo molto intenso e che il Financial stability board ha lavorato molto e terrà conto dell'esigenza di «livellare il campo di gioco», perché il buon senso è un criterio proprio anche dei regolatori, ma non è l'unico soggetto di questa azione di rinnovamento.
Draghi ha anche ricordato che il Fsb deve fornire nell'interim report al G-20 di giugno e nel rapporto definitivo a ottobre indicazioni concrete per il problemi delle banche a rilevanza sistemica, quelle «troppo grandi per fallire» e che tra le numerose opzioni considerate (l'Fsb intende arrivare a un mix di proposte, non a una soluzione unica) c'è anche la proposta avanzata dal presidente americano Obama che prevede limiti dimensionali ai colossi del credito, divieto di impegnarsi in trading per proprio conto, divieto di detenere hedge fund.
Una proposta, quella americana, che ha per l'appunto il merito di offrire un impulso alla ricerca di soluzioni regolamentari. Di conseguenza, ha spiegato Draghi, le banche italiane dovranno agire subito per rafforzare con ogni misura in loro potere il capitale. È possibile che tra le misure suggerite ci sia allora anche il consiglio di evitare di distribuire dividendi, oltre quello già previsto nella nuova regolamentazione di badare ai sistemi di incentivazione dei manager e al costo del personale in genere.
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