"Se riforme adeguate non saranno adottate, o se saranno introdotte per risultare poi insufficenti a prevenire una forte accumulazione di rischi finanziari, dovremo restare aperti all'idea di usare la politica monetaria come strumento supplementare per rispondere a quei rischi, procedendo con cautela e tenendo sempre presenti le difficoltà implicite in quell'approccio".
Una piccola rivoluzione dunque. Quando in un'altra epoca il suo predecessore alla guida della Fed Alan Greenspan parlò di "esuberanza irrazionale" e cercò di contenere la bolla di fine anni Novanta, fu attaccato dal Congresso e accusato di interferire con il normale corso dello sviluppo economico e de mercati finanziari. Ora Bernanke dichiara che la crisi degli ultimi anni e' stata la "peggiore dell'era moderna", una crisi che ha chiaramente creato un problema nel percorso di crescita sostenibile, una delle responsabilità primarie della Fed, generando così la necessità di interventi preventivi.
Bernanke ha fatto le sue dichiarazioni ad Atlanta, dove si tiene la riunione annuale degli economisti americani, un crocevia annuale, forse il più importante, per fare il punto sulle teorie economiche e sugli sviluppi della teoria attorno alla crisi.
La Fed secondo alcuni è corresponsabile della crisi per aver lasciato tassi di interesse troppo bassi troppo a lungo subito dopo l'attacco dell'11 settembre e per non aver controllato adeguatamente gli istituti bancari. Bernanke ha tuttavia difeso l'operato della Fed, pur ammettendo alcuni errori: se è vero che la Fed ha forse tenuto i tassi di interesse troppo bassi e troppo a lungo fra il 2002 e il 2006, "una regolamentazione più severa e una supervisione più incisiva delle prassi di sottoscrizione e della gestione del rischio sarebbero stati più efficaci nel contenere la bolla immobiliare di un generico aumento dei tassi di interesse" ha detto Bernanke. La colpa insomma è degli strumenti derivati incontrollati, dell'uso che le banche ne hanno fatto e della mancata supervisione da parte di varie autorità, non soltanto della Fed.
Finora, inoltre, la Fed, sempre su pressione dei politici e del Congresso, limitava l'intervento su possibili formazioni di bolle speculativa usando lo strumento dei tassi. La teoria dice che è difficile stabilire quando una bolla diventa davvero una bolla e soprattutto quando questa bolla è pericolosa; la Fed perciò in genere vigilava intervenendo a posteriori con forti diminuzioni dei tassi di interesse. A questo punto, in aggiunta alla tradizionale analisi ciclica (surriscaldamento dell'economia, inflazione), la questione-regole diventa centrale in un contesto di mercato globale e visto che spesso non sono osservate, la decisione della Fed aggiunge uno strumento da usare con decisione se e quando necessario, stumento che sarà temuto dai mercati. Ma necessario visto che gli stessi mercati hanno dimostrato di non sapersi autoregolamentare.
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