Se anche la blasonata e autorevole Mediobanca lascia al suo destino un cliente in cerca di salvezza, vuol dire che qualcosa non funziona. E che quel salvataggio è forse irrimediabilmente compromesso. Quel cliente sono i Burani che da mesi provano con le banche creditrici a trovare un accordo per far uscire Mariella Burani Fashion Group dalla buca profonda scavata da oltre 490 milioni di debiti.

L'altro ieri circolava il nome di Franco Tatò con la sua Compagnia Finanziaria come possibile nuovo advisor della famiglia. Lo scoglio però è sempre lo stesso: quella cinquantina di milioni che la famiglia fino a ieri non è riuscita a trovare. Possibile che un impero con quattro società quotate, decine di marchi, si arrenda per 50 milioni? Segno delle profonde crepe che stavano dietro la facciata glamour del mondo della moda. Quel che balza agli occhi guardando Mariella Burani, ma anche Antichi Pellettieri l'altro gruppo quotato nel lusso della famiglia, è la smania del debito.

Soldi a prestito come se piovesse. Non solo per comprare aziende o finanziare l'attività, ma anche per comprare i propri titoli. Già perchè la famiglia nell'autunno del 2008, quando la crisi sembrava inimmaginabile ha promosso un'Opa sulle azioni di Mariella Burani: poco più di 4 milioni di azioni acquistate al prezzo stratosferico, con il senno di poi, di 17 euro (oggi il titolo è sospeso da agosto 2009 dopo aver toccato i 2 euro e qualcosa). L'esborso? Poco più di settanta milioni di cui una buona metà presi a prestito da Centrobanca, la merchant del gruppo Ubi. Quando anche per acquistare in Borsa le azioni della propria quotata si ricorre alle banche non è un bel segno. E poi perché salire ulteriormente di quota quando il controllo è già più che blindato? Un'operazione che, sempre a posteriori, si è rivelata assai dispendiosa con il titolo a valori così elevati e la cui ratio appare a tutt'oggi di difficile comprensione.

Centrobanca si tutelò allora chiedendo pegno su tutte le azioni di proprietà della famiglia. E che le cose non funzionassero bene già allora (ben prima della sospensione delle azioni in Borsa o dell'avvio dell'inchiesta Consob partita nel giugno del 2009) lo dicono i covenant rotti con le banche nel corso del 2008. Cosa sono i covenant? Sono parametri di bilancio che devono essere rispettati pena la rescissione dei prestiti. Ebbene quei parametri saltarono (vedi la tabella in pagina) su ben 120 milioni di crediti. Segno che la crisi del gruppo della moda non è figlia della congiuntura avversa e neanche del cattivo andamento industriale. Quello è arrivato dopo a crisi manifesta.

L'avvitamento su se stessa di Mariella Burani è in gran parte di natura finanziaria. Basta vederne l'evoluzione. La crisi si manifesta con forza a fine del 2008 dopo il crack Lehman con la pulizia sui valori degli avviamenti pagati per le numerose acquisizioni, ma anche sui crediti finanziari. Più che una pulizia, è un drastico colpo di ramazza del valore di 120 milioni. Svalutazioni che portano la società in rosso e depauperano il patrimonio, rendendo il peso del debito che nel frattempo si è accresciuto non più sostenibile. E a guardar bene lo stesso modus operandi (le svalutazioni via via crescenti) lo vive la consorella quotata, Antichi Pellettieri.

Già a metà del 2009 il conto pagato a minori valori dell'attivo e ad ammortamenti è di 48 milioni e la società va in perdita per 29 milioni. Bastano altri tre mesi e a settembre 2009 l'utile operativo va in negativo per 43 milioni rispetto a +74 milioni del settembre 2008. Anche in questo caso pesano le svalutazioni su crediti commerciali e finanziari e sugli avviamenti. Stesso copione, in forma ridotta, di Mariella Burani che vede la società accumulare debiti finanziari netti per 139 milioni con i covenant saltati anche in questo caso con molte banche.

Insomma sembra lo stesso film vissuto in contemporanea a Mariella Burani. Il che ripropone il tema del vero valore degli attivi dei gruppi che operano nella moda, come ha insegnato il caso di It Holding, ma anche di Valentino. Se marchi e avviamenti rivelano di valere meno di quanto erano iscritti a bilancio sono dolori. Perché arrivano le perdite, si comprime il patrimonio e i debiti pesano a questo punto assai di più. Una lezione da tenere a memoria per il futuro. Sempre se ci sarà un futuro e quale per il gruppo Mariella Burani.

fabio.pavesi@ilsole24ore.com

 

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