Quota 1,35 dollari. Solo qualche settimana fa, un simile livello per l'euro era impensabile. La politica ultraespansiva della Federal reserve, associata all'enorme deficit pubblico dell'Amministrazione Obama, lasciava pensare a un dollaro sempre più debole. E non era uno scenario così sbagliato, se mercoledì scorso l'agenzia di rating Moody's ha lanciato l'allarme sul rating dei titoli pubblici americani, quella tripla A che sembrava intoccabile, spingendo il segretario al Tesoro di Washington, Timothy Geithner, a scongiurare un evento così drammatico per i mercati Usa e per la sua valuta.
Negli ultimi giorni è stato però l'euro a soffrire, e non il dollaro. Hanno pesato, sicuramente, le vicende della Grecia, del Portogallo, dell'Irlanda e i timori per la Spagna, i paesi più deboli di Eurolandia. I quattro Stati in realtà sono subito corsi ai ripari varando o annunciando piani di risanamento ambiziosi e dolorosi; mentre la Banca centrale europea ha mantenuto il timone diritto e ha continuato a mostrarsi rigorosa e il G-7 ha cercato, nei limiti delle sue possibilità – e con qualche contraddizione – di far capire che lo stimolo all'economia non verrà comunque ritirato prima del dovuto.
Il mercato ha reagito poco a queste notizie. Sembra non voler credere alla buona volontà dei governi (che va comunque messa alla prova). C'è qualcosa di oscuro, in realtà, che agita Eurolandia. I quattro paesi in difficoltà non hanno soltanto problemi di indebitamento: sono anche, a cominciare dalla Spagna, le economie che hanno finora importato più di quanto esportassero, e questo significa che il loro debito ha finanziato per anni lo sviluppo dei partner in surplus, a cominciare da quella Germania non ha fatto crescere abbastanza la domanda domestica.
Se ora il risanamento degli squilibri deve passare attraverso una politica monetaria restrittiva e quindi attraverso una riduzione della domanda – e, nel breve termine imposto dai mercati, questo è purtroppo inevitabile – sarà l'intera Unione monetaria a soffrire. Diventerà evidente allora una debolezza strutturale che finora era rimasta nascosta. La contabilità nazionale è triste, ma inesorabile: in un paese in deficit commerciale, se i conti pubblici restano "virtuosi", il debito privato non può che aumentare. È accaduto così in Spagna e nulla, all'interno di Eurolandia, è scattato per riequilibrare la situazione. I problemi di Madrid sono i problemi di tutta l'Unione monetaria; e l'euro debole – per fortuna solo relativamente debole – è soltanto una spia che si accende.
©RIPRODUZIONE RISERVATA