FRANCOFORTE - All'inizio del decennio, quando si discuteva dell'ingresso di Atene nella zona euro, un membro della Bundesbank definì i greci «inaffidabili». In quella occasione, l'intera banca centrale prese le distanze da Klaus-Dieter Kühbacher. Mai la Bundesbank giudicherebbe un paese in modo così rozzo. Eppure, quanti in Germania oggi temono che l'allargamento dell'Unione monetaria sia avvenuto troppo velocemente? Otmar Issing, 73 anni, ex capo economista della Bundesbank e della Banca centrale europea, illustra il suo punto di vista, una visione condivisa, in parte almeno, da molti tedeschi.

L'Europa sta discutendo della possibilità di aiutare la Grecia. Cosa ne pensa?
Mi preoccupa il fatto che i politici sotto pressione non si rendano conto delle conseguenze di lungo periodo delle loro decisioni. La zona euro è a una svolta pericolosa. Una volta violata la regola sul non salvataggio, così come è scritta nei Trattati, la diga è aperta. Questa è una regola sulla quale non si può e non si deve fare alcun compromesso. Una volta che si decide di aiutare la Grecia, non si potrà negare aiuto ad altri paesi in difficoltà. I candidati sono già in fila.

Ma non crede che partecipare a un'Unione monetaria implichi solidarietà?
Solidarietà ha almeno due significati. Per alcuni sembra significare soltanto aiutare qualcuno che ha bisogno. Ma solidarietà significa anche rispettare le regole. La Grecia ha firmato il Trattato di Maastricht, promettendo di avere un bilancio in regola. Non è possibile violare le norme, mentendo ripetutamente sulla situazione delle finanze pubbliche, e poi chiedere solidarietà. Definirei questo comportamento un ricatto.

Molti credono che non aiutare la Grecia oggi provocherebbe un effetto domino: altri paesi deboli sarebbero colpiti dalla speculazione.
Temo che ciò succederebbe lo stesso. La verità è che la Grecia ha bisogno di profonde riforme per ridurre il suo deficit e rafforzare la sua competitività. Il paese ha vissuto in questi ultimi anni a credito per finanziare consumi privati e soprattutto pubblici, creando un deficit delle partite correnti in forte crescita. Il suo sistema pensionistico è tra i più generosi d'Europa, mentre in molti paesi la gente ha accettato drastici tagli al welfare. La Grecia ha un'ultima chance per mettersi su un cammino di crescita sostenibile.

Nel frattempo però bisogna trovare una via d'uscita da questa situazione.
La verità è che aiutando la Grecia l'Europa entrerebbe in negoziato permanente e difficile con Atene sul futuro della sua politica economica, rendendo l'idea di Europa sempre più impopolare, specie in quegli stati membri che saranno costretti ad aumentare le tasse per pagare gli aiuti. Per di più, sarebbe moralmente ingiusto per paesi, come l'Irlanda, che hanno introdotto riforme molto dure con tagli ai salari nominali nel settore pubblico. Una cosa mai vista prima. Voglio essere chiaro: la Grecia deve uscire da sola da questa crisi. Qualsiasi altra soluzione intermedia creerà continua diffidenza e incertezza in Europa, minando gli sforzi riformistici degli altri paesi.

Detto ciò, si discute di due opzioni: aiuti bilaterali o europei. Quale preferirebbe?
Non posso scegliere tra due mali. Credo però che se si decide di aiutare la Grecia la soluzione migliore sia l'intervento del Fondo monetario internazionale. Prima di tutto perché ci eviterebbe di violare la clausola del non salvataggio; poi perché l'Fmi ha una lunga esperienza nel gestire crisi debitorie, sa quali condizioni imporre e come monitorare la situazione; infine da un punto di vista politico sarebbe probabilmente più facile per la Grecia accettare l'aiuto da un organismo internazionale piuttosto che da Bruxelles.

La zona euro sopravvivrà a questa crisi?
Sì, certo. Non ho alcun dubbio a questo riguardo. Ma la questione non è se sopravvivrà, ma come sopravvivrà. Si ricordi che non c'è moneta stabile senza una unione monetaria stabile.

 

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