Il problema degli scambi automatici superveloci è emerso con toni preoccupanti a New York, che tra le grandi piazze è stata l'ultima ad abbandonare le grida, peraltro ancora non completamente. Borsa italiana è stata tra le prime a traslocare su piattaforma elettronica. «Dal '94 tutti i nostri mercati, compreso quello dei derivati, sono diventati completamente elettronici. Possiamo dire di avere una certa familiarità col tema. Ma non abbiamo mai avuto problemi come quelli evidenziati a New York», spiega Massimo Capuano, che oltre a guidare la Borsa di Milano fin dai tempi della privatizzazione, come ingegnere, è avvezzo a ragionare in termini di tecnologia anche sui mercati finanziari.

Poiché la finanza è ormai globale, possibile che non abbiate mai dovuto far fronte a questi rischi?
Qui stiamo parlando di trader high frequency, che utilizzano gli algoritmi per sfruttare ad altissima velocità anche minimi disallineamenti delle quotazioni: è un fenomeno recente e da noi poco significativo. Ma dalla nostra esperienza, già prima dell'alleanza con Londra, avevamo ben presente il rischio di un utilizzo esteso delle risorse del mercato (perché questi programmi ne assorbono in quantità). Per esempio, in una certa fase, avevamo predisposto per alcuni segmenti di mercato un meccanismo che poneva una soglia tra il numero degli ordini immessi e quelli effettivamente eseguiti, superata la quale le condizioni di prezzo aumentavano. Adesso ci sono altri meccanismi sui mercati azionari che hanno una funzione di "early warning", una sorta di preallarme per evitare strozzature sistemiche, oltre ad altre cautele di natura regolamentare. Attribuiamo cioè agli intermediari la responsabilità di dotarsi di sistemi che evitino di inondare il mercato con un afflusso caotico di ordini. E abbiamo anche richiesto dei filtri per gli interconnessi, cioè per gli intermediari che si collegano in remoto con la piattaforma passando da un membro del mercato, anche se la responsabilità ricade sempre sull'intermediario aderente.

Però si sospetta che dietro il black-out registrato a Londra a novembre si nascondessero problemi analoghi.
Non è così: si è trattato di un problema informatico relativo a due server di accesso alla piattaforma.

Potrebbe suggerire una soluzione?
L'importante è monitorare gli eccessi che comportano il rischio di un collasso sistemico. Ma gli algo-trader svolgono anche un ruolo positivo: apportano grande liquidità al mercato e contribuiscono ad abbassare gli spread tra denaro e lettera.

Stiamo parlando di rischi che sono all'interno di una cornice di mercati regolamentati. Ma la preoccupazione delle Autorità pare piuttosto rivolta agli scambi over the counter, al di fuori di ogni controllo. Tant'è che al Forex il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, ha parlato dell'opportunità di far confluire sui mercati organizzati gli scambi Otc e di far ricorso alle controparti centrali, con riferimento in particolare al segmento dei credit default swap, dove si specula anche sulla solidità degli stati.
Il proliferare di prodotti derivati sui mercati Otc in periodo di crisi è una grossa preoccupazione. E poter disporre di una controparte centrale che gestisca i rischi per tutte le classi di asset certamente aiuterebbe. Ma per poter essere gestiti dalle clearing house occorre che i prodotti finanziari abbiano caratteristiche standard.

E occorre un'armonizzazione almeno europea.
Occorre un coordinamento più ampio, appunto perché i mercati sono globali. Per quanto riguarda l'Europa questo è un tema su cui stanno lavorando sia la Bce che la Ue, non è ancora chiaro se con un regolamento o con una direttiva sul clearing, che avrebbe il vantaggio di essere più cogente ma in tempi più lunghi.

Meglio una controparte centrale unica o più strutture specializzate?
Una sola controparte avrebbe in sé il rischio di far saltare tutto il sistema dell'euro. D'altra parte non è opportuna nemmeno un'eccessiva frammentazione. Occorre trovare la giusta via di mezzo.

La nostra Cassa di compensazione e garanzia potrebbe giocare un ruolo in questo contesto?
Le clearing house devono essere efficienti, organizzate, disporre di un adeguato sistema di controllo dei rischi, ma devono anche disporre di capitale. Occorre un sistema regolamentare che le supporti. Da parte nostra, la Cassa ha organizzazione e strumenti per proporsi e ha già mosso i primi passi sulla via dell'internazionalizzazione: ha ottenuto il riconoscimento a operare sul mercato britannico e tratta già parte dei derivati di Londra. Poi, se il mercato si amplia, ci sono opportunità per tutti.

 

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