Il mercato dei credit default swaps va incontro a un processo di regolamentazione. La conferma viene dal presidente del Financial stability board e Governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, che oggi e domani a Basilea coordina lo steering committee dell'organismo che riunisce i regulators (ministeri, banche centrali, omologhi della Consob) dei Paesi del G-20 ma prima della riunione ha riassunto in un briefing con la stampa internazionale i temi in agenda.
Draghi ha affermato che, come si può constatare, c'è un crescente disagio nei confronti dei cds, sia che essi riguardino i governi, sia che si applichino a banche o a imprese. Infatti spesso questo tipo di scommesse non sono finalizzate alla copertura di un rischio ma sono, per così dire, "nude", non servono cioè ad assicurare la proprietà di un asset. «Questo modo di scommettere - ha spiegato il Governatore - ha delle implicazioni sistemiche» e conseguentemente non piace ai governi. «Quando qualcosa ha implicazioni sistemiche - ha aggiunto Draghi - si può star certi che vada incontro a una regolamentazione sistemica. È molto improbabile, quindi, che questi mercati vengano lasciati nella stessa situazione in cui erano prima della crisi».
È possibile del resto che i ministri delle finanze dell'Unione europea discutano di questo tema al prossimo Ecofin del 16 marzo, dopo che proprio i cds hanno finito per amplificare i problemi di gestione del debito pubblico della Grecia. Nel suo briefing, Draghi ha anche ricordato come, allo scopo di circoscrivere l'effetto contagio causato da una crisi finanziaria esista un consenso generalizzato a livello internazionale per realizzare una «controparte unica centralizzata per i derivati» invece di continuare a trattarli over the counter. Grazie a questo tipo di riforma, ha aggiunto, sarebbe possibile assicurare «una migliore trasparenza, una maggiore visibilità su questi contratti e sui collaterali sottostanti».
Dopo aver ricordato, tra l'altro, che a marzo prossimo il Fsb redigerà un rapporto su quanto le varie autorità nazionali di vigilanza creditizia hanno riferito a proposito dello stato di attuazione delle guideline sui sistemi di incentivazione retributiva per i manager delle banche, Draghi ha ricordato anche che non ha senso pensare all'elaborazione di una regolamentazione unica valida per tutto il mondo, in particolar modo per quel che riguarda l'elaborazione di nuove regole che abbiano come obiettivo il ripetersi di fallimenti bancari di vasta scala. «Per le cose più complesse come la questione del too big to fail - ha osservato, serve una piattaforma minima di regole valide per tutti. Ma poi ciascun paese è libero di aggiungere di più». Inoltre, ha aggiunto «lo stesso Fsb non è un regolatore mondiale. Noi mettiamo a punto le misure, ne discutiamo, ma poi sono le autorità nazionali ad attuarle».
©RIPRODUZIONE RISERVATA