A sorpresa, ancora niente accordo tra i 16 ministri dell'Eurogruppo sul meccanismo per garantire aiuti alla Grecia. Impossibile superare il no della Germania. Invece sì alla costituzione di un gruppo di lavoro per chiarire i dettagli tecnici ancora aperti, in vista di una decisione che sarà presa non necessariamente al prossimo vertice europeo del 25-26 marzo ma in uno dei successivi. Quale? Da vedere. «Sosterremo la Grecia, se necessario. Come? dobbiamo ancora stabilirlo» ha dichiarato alla fine di una riunione ad altissima tensione Jean-Claude Juncker, il presidente dell'Eurogruppo.
E i mercati? «Se i mercati reagiranno, si porrà un problema che però per ora non si è posto» ha risposto sibillino. Precisando che la facility, di cui non ha voluto specificare le caratteristiche, «non prevede garanzie sui prestiti alla Grecia da parte dei paesi dell'euro ma probabilmente un'azione coordinata a livello europeo che metta a disposizione della Grecia aiuti bilaterali». Poco dopo la francese Christine Lagarde ha spiegato che «le garanzie sono state scartate perché più complicate da porre in essere in quanto non conformi ai Trattati Ue né ad alcune leggi nazionali». In ogni caso, hanno insistito entrambi, per ora la Grecia non ha chiesto nulla.
La Germania resiste e si scontra con la Francia. Non vuole aprire i cordoni della borsa se non al prezzo di un inasprimento ulteriore delle regole della stabilità. Inaccettabile per quasi tutti gli altri. Tanto più che il giudizio dell'Eurogruppo sul piano di rigore draconiano del Governo di George Papandreu resta positivo. «La Grecia è sulla buona strada per ridurre quest'anno del 4% il suo deficit portandolo dal 12,7 all'8,7% del Pil» ha dichiarato Olli Rehn, il commissario Ue agli Affari economici. Il quale ieri non ha nemmeno osato presentare la sua proposta formale per creare la nuova "facility" europea di fronte alla violenza delle discussioni in sala.
«Sarà un meccanismo di assistenza coordinato e condizionale» aveva dichiarato Rehn, prima di entrarvi. Condizionale significa, specificava poi l'olandese Jan Kees de Jager, che le condizioni per accedervi saranno analoghe a quelle del Fmi. Ma questo non basta al tedesco Wolfgang Schäuble. Intanto le liti europee hanno fatto perdere terreno all'euro rispetto al dollaro (ieri 1,3641).
Gioco a carte coperte fino a quando e se diventerà inevitabile scoprirle per salvare la Grecia da assalti speculativi e rischio insolvenza evitandone il ricorso (indesiderato) alle casse del Fmi. Con la speranza, soprattutto tedesca, che l'esercizio si riveli inutile. Scommessa finora riuscita. Ma fino a quando? «Vogliamo vedere che cosa c'è dentro il meccanismo europeo, se no ci rivolgeremo altrove» ha dichiarato il greco George Papaconstantinou. «Si deciderà tutto il 25 a Bruxelles perché non possiamo più permetterci di pagare tassi barbari sui mercati». Facendo aleggiare l'alternativa Fmi.
Il dibattito sulla nuova facility ha fatto scintille perché si è inevitabilmente intersecato con la pretesa di Schäuble di approfittarne per irrigidire, nel medio-lungo termine, attraverso l'idea del Fondo monetario europeo, le regole del patto di stabilità con una serie di sanzioni punitive per chi non le rispettasse, fino alla sua espulsione dall'euro. Uno scenario, appoggiato dall'Austria ma respinto con decisione come ineccettabile dalla Francia.
Non a caso la Lagarde ha aperto il fuoco sul modello tedesco di crescita e competitività, basato quasi tutto su export e controllo dei costi del lavoro e troppo poco sulla domanda interna. Una formula, ha detto, che non può fare scuola dovunque in Eurolandia. Un contrasto pesante sul quale barcolla l'intesa franco-tedesca e che, se esplodesse con troppa violenza, potrebbe davvero fare tremare l'euro.
Regge invece l'alleanza Parigi-Berlino sulla riforma dei mercati finanziari, in particolare sulla regolamentazione degli hedge funds e sul divieto dei credit default swaps prettamente speculativi sui debiti sovrani. Alla coppia si è aggiunta ieri anche l'Italia, dopo l'incontro di Giulio Tremonti con il commissario Ue competente Michel Barnier. Ancora non è chiaro però se oggi l'Ecofin raggiungerà un accordo per le forti resistenze degli inglesi, peraltro isolati, visto che dalla loro stanno solo Malta e Cipro.
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