L'ormai ex presidente accetta la presidenza onoraria offertagli dal nuovo consiglio di amministrazione della compagnia triestina

Quasi due ore di discorso a braccio, chiuso con voce rotta dalla commozione, in cui Antoine Bernheim ha ripercorso i suoi quasi 40 anni di relazione con le Generali, ha ringraziato i collaboratori, criticato "l'azionista" che non ha permesso di fare l'aumento di capitale con cui la compagnia avrebbe potuto cogliere opportunità di crescita, mostrato perplessità per le nuove deleghe, ringraziato per gli applausi ("ma non sono una star del cinema") e augurato, infine, il successo al nuovo presidente. "E' l'ultima volta che presiedo l'assemblea, ma non ho preparato un testo.
Mi è più facile improvvisare in francese", è l'esordio di Bernheim, davanti all'assise annuale dei soci della compagnia triestina. Il banchiere passa a raccontare tutte le fasi della sua – a volte tumultuosa - storia con le Generali che non intende interrompere: "Non so cosa voglia dire la presidenza onoraria, ma dopo tanti anni di collaborazione con questa compagnia preferisco mantenere un legame e se mi viene proposta questa nomina è verosimile che la accetti, con il desiderio di rendermi disponibile per aiutare". Bernheim rimarca come quando venne nominato per la prima volta presidente, tirò fuori dall'"anticamera" l'attuale a.d Giovanni Perissinotto (allora "era considerato l'assistente d Gutty"), così come lanciò la carriera di Sergio Balbinot ("un ragazzo meraviglioso, poliglotta con il solo difetto di credere che l'intera umanità sia buona quanto lui"). Ricorda gli screzi con Vincenzo Maranghi ("carattere difficile e spirito complicato") e con Antonio Fazio ("rapporti pessimi").
Ricostruisce il tentativo di cordata bancaria del 2002 su impulso dell'ex-Governatore e la risposta di Generali con il business plan triennale: "Gli obiettivi erano molto ambiziosi e Geronzi, che aveva comunque cercato di calmare il gioco, pensava che non ce l'avremmo fatta e quindi che avrebbero potuto mandarci a casa, ma noi non solo abbiamo raggiunto gli obiettivi, li abbiamo superati. Il cielo era con noi quel giorno". Esprime "grande gratitudine" a Vincent Bolloré e loda Ana Botin, augurandosi che sia lei a succedere al padre Emilio ("uomo geniale, a capo della miglior banca del mondo") alla guida del Santander. Sottolinea le capacità di Claude Tendil, il capo di Generali France, "uno dei migliori assicuratori che ci siano al mondo" estromesso "scandalosamente" dal nuovo cda e di Paolo Scaroni ("persona di grande apertura mentale e unico membro del comitato remunerazioni a mio favore").
Rivela come – prima della crisi - grazie al "grande amico" Tarak Ben Ammar, un gruppo di operatori libici era pronto ad entrare nel capitale di Generali con un aumento di capitale riservato, pagando 25 euro quando l'azione ne valeva 20, ma "un socio ha detto 29 e non si è fatto nulla". Sul tema dell'aumento di capitale per finanziare la crescita si sofferma a lungo: "io pensavo che bisogna fare un aumento quando c'erano liquidità. Ma ogni volta che accennavo a questa necessità, avevo contro di me gli azionisti". Le società devono fare crescita esterna, altrimenti iniziano a morire", ha ammonito Bernheim, senza peraltro mai nominare davanti all'assemblea l'azionista Mediobanca, come invece ha fatto nell'intervista apparsa oggi sul ‘Piccolo' ("Mediobanca non ha mai voluto l'aumento perché teme di pesare meno"). I Paesi obiettivo sono l'Asia e il Brasile, "terreni di grande crescita". Ma il gruppo deve puntare anche allo sviluppo nell'Europa del Centro-Est e non mettere da parte le mire in Russia, anche se le trattative con l'oligarca Deripaska sulla Ingosstrakh sono in impasse.
"Non molto tempo fa dirigenti di Jp Morgan mi hanno fatto visita spiegandomi che per il finanziamento dell'acquisizione di Aig Asia da parte di Prudential hanno raccolto 30 miliardi di dollari senza grossi problemi", rivela poi, tradendo il rammarico per l'opportunità persa. Rivendica i successi nella gestione, ringrazia i sindacati che lo hanno sostenuto, rivela le preoccupazioni dei dirigenti incontrati nei giorni scorsi e sottolinea la fedeltà degli agenti, nonostante "la stupida" legge Bersani. Sul finire del discorso mostra perplessità per la nuova struttura di governance che di fatto ufficializza: "Perissinotto sarà ceo e da quello che capisco Balbinot responsabile dell'assicurazione. Non so quale sia il lavoro del ceo che non si occupa dell'assicurazione e quanto a Balbinot hanno voluto ridurlo promuovendolo, perché gli hanno dato anche la delega dell'assicurazione in Italia. Per fortuna parla anche l'italiano".
Poi si avvia al finale, con la voce sempre più increspata: "Sono stato abbastanza pacifico, ho una punta di rancore ma non l'ho manifestato. Sono a favore della pace dei bravi e anche dei non bravi. Sono molto triste di dover lasciare questa società che spero continui a svilupparsi splendidamente". La conclusione non è solo un augurio, c'e' anche una punta di sfida: "Il mio lavoro è stato difficile, a tempo pieno, con tanti viaggi. Spero che il mio successore abbia la voglia e la capacità di fare altrettanto, Gli auguro il successo". Applausi e sipario.


"Non mi vogliono più, me ne vado". Accetta la presidenza onoraria
Bernheim ha lasciato la sala dove era ancora in corso l'assemblea degli azionisti di Generali, prima che si tenesse la votazione sul nuovo consiglio di amministrazione di cui non fa più parte. "Non mi vogliono più, me ne vado", ha detto uscendo dalla Stazione Marittima di Trieste dove si tiene l'assemblea. "Non ho più niente da dire. Hanno tolto dal consiglio le persone veramente competenti, come Tendil, me stesso e Hennekinne. Adesso ci sono nomi che non conosco affatto", ha aggiunto. A chi gli chiedeva se sarebbe rimasto a Trieste, ha risposto: "Cosa volete che ci faccia qui, che vada in spiaggia? Andate, andate a intervistare le vedettes, il nuovo consiglio. Non venite a intervistare i perdenti", ha detto, mentre si infilava nell'auto. La presidenza dell'assemblea è stata assunta dal vice-presidente uscente, Gabriele Galateri. In cda entrano Cesare Geronzi (designato alla presidenza), Vincent Bolloré, Alberto Nagel, (designati alla vice-presidenza), Giovanni Perissinotto, Sergio Balbinot, Ana Botin, Francesco Gaetano Caltagirone, Diego Della Valle, Leonardo Del Vecchio, Petr Kellner, Angelo Maglietta, Alessandro Pedersoli, Lorenzo Peliccioli, Reinfried Pohl, Paolo Scaroni, Francesco Saverio Vinci, tutti candidati della lista Mediobanca. Per la lista proposta da Assogestioni sono stati eletti Cesare Calari, Carlo Carraio e Paola Sapienza. In precedenza, come primo punto all'ordine del giorno, l'assemblea aveva approvato il bilancio 2009, chiuso con un utile di 1,3 miliardi di euro (+52%) e con la distribuzione di un dividendo di 0,35 euro per azione. Terminata l'assemblea, il nuovo cda si è riunito per deliberare incarichi e deleghe e offrire a Bernheim la carica di presidente onorario che l'ormai ex presidente ha accettato.

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