Mettere insieme le quote di tutti gli azionisti italiani della Borsa di Londra, pari a circa il 18% del capitale, in modo da contare di più. Unire le forze per aumentare il peso dell'Italia nella SuperBorsa Milano-Londra. È questo l'obiettivo verso cui tendono – secondo quanto risulta al Sole 24 Ore – due progetti attualmente allo studio. Il primo, su cui sta lavorando il gruppo Emittente Titoli, è semplice: l'idea è di far confluire nella stessa Emittente Titoli oppure in una newco, cioè una società creata ad hoc, le quote degli azionisti italiani nel London Stock Exchange. Il secondo progetto passerebbe invece attraverso Sia-Ssb, cioè la società che gestisce i sistemi di pagamento delle banche italiane: in questo caso sarebbe proprio Sia-Ssb a "coagulare" le quote.

Il problema delle partecipazioni italiane nel London Stock Exchange si è presentato sin dal 2007, quando Borsa Italiana si è fusa con quella londinese. All'inizio gli italiani (UniCredit e Intesa Sanpaolo in testa, seguite da molti altri azionisti) avevano in mano il 27-28% del capitale del nuovo gruppo Milano-Londra. Una fetta consistente, che rendeva l'Italia il primo azionista della holding londinese. Quando il Nasdaq ha messo in vendita le sue azioni, gli italiani hanno avuto anche la possibilità di crescere ulteriormente. Ma non l'hanno fatto. Anzi, hanno fatto l'esatto opposto: tante banche hanno venduto le loro azioni. Così oggi gli italiani hanno appena il 18% della Borsa di Londra. E, per di più, questa quota è frastagliata in tante partecipazioni diverse senza un'unica voce.

Il progetto di metterle insieme è dunque naturale. Ed è in piedi da anni, sebbene si sia sempre scontrato con le resistenze delle banche azioniste. Negli ultimi mesi i lavori si sono però intensificati. Anche il dimissionario amministratore delegato di Borsa Italiana, Massimo Capuano, ha provato più volte a convincere le banche italiane a coalizzarsi. Ora, come scritto ieri dal «Corriere della Sera», anche la Banca d'Italia invoca «una migliore gestione delle partecipazioni». Eppure la strada appare sempre in salita.
Le idee attualmente allo studio, come detto, sono almeno due. La prima è portata avanti da Piero Gnudi, presidente di Emittente Titoli, la società creata da tutte le aziende non bancarie quotate in Borsa. L'ipotesi è di usare la stessa Emittente Titoli (che ha già una quota dell'1,6% del London Stock Exchange) oppure una società newco creata ad hoc per coagulare il 18% italiano in un'unica testa. Gnudi è da anni che propone di unire le forze, ma ora – dopo le dimissioni di Capuano – questa esigenza a suo avviso è diventata una priorità. I lavori diplomatici per realizzare questa idea sono già in corso e qualche riscontro positivo c'è. Ma l'idea è ancora agli albori.

L'altro progetto è di più vecchia data, ma molto complesso da realizzare. La società "coagulante" delle partecipazioni italiane, in questo caso, sarebbe Sia-Ssb. Bella idea, con un "piccolo" problema: si scontra con numerose battaglie pregresse. Le banche azioniste di Sia-Ssb hanno infatti più volte provato a vendere la società, ma si sono fermate di fronte alle pressioni della Banca d'Italia che non vede di buon occhio la perdita di un gruppo così strategico per l'Italia. Il punto è che la Sia – tra le sue tante attività – gestisce anche servizi di carte di credito, per cui le banche italiane la vedono più come una concorrente che come un potenziale partner. Ovvio che non si scaldano particolarmente se qualcuno propone loro di usare proprio Sia-Ssb per allearsi a Londra. Così questo progetto, allo studio da tempo, non è ancora venuto alla luce.
I giochi sono tutti da fare. In ballo ci sono i legittimi interessi dei singoli azionisti, ma anche gli altrettanto legittimi interessi del sistema-Paese che vuole mantenere la presa su un'infrastruttura importante come la Borsa. Vedremo se a vincere saranno gli uni o gli altri. Il privato o il pubblico.

 

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