Facebook ha deciso di proibire ai suoi dipendenti di vendere azioni della società nei mercati secondari. Mentre tra gli addetti ai lavori cresce l'attesa per lo sbarco dell'azienda a Wall Street, su siti come Sharespost e Secondmarket (dove è possibile scambiarsi azioni di aziende non quotate, ndr.) i titoli Facebook infatti stanno andando a ruba. Mentre stiamo scrivendo su Sharespost sono già state caricate 45 milioni di proposte di acquisto a un prezzo di 47 dollari. L'ultimo contratto è stato chiuso a 27 dollari per azione. A questo prezzo la capitalizzazione dell'azienda si aggirerebbe intorno ai 12 miliardi di dollari. Il doppio di quanto stimato dalla casa dagli investitori russi Digital Sky Tecnologies che a giugno ha acquistato un pacchetto di azioni della società che gestisce il popolare social network.

Con un rally di queste proporzioni, ci sono ottime possibilità di incassare grosse plusvalenze. Specie se sono un dipendente Facebook e ho ricevuto contestualmente alla mia assunzione quote della società, che in pochi anni hanno visto crescere a dismisura il proprio valore. È un'occasione troppo ghiotta per farsela sfuggire. Ma tutto ciò comporta diversi problemi per la società. Anche dal punto di vista legale.

Per la compravendita di azioni di "private company", infatti, la legge stabilisce che buyer e seller abbiano le stesse informazioni sulle performance finanziarie della società. Una condizione molto difficile da rispettare se una delle controparti lavora dentro l'azienda. Il rischio di commettere insider trading è evidente. Così come quello che informazioni riservate escano all'esterno, creando un danno alla società.

C'è poi da considerare che, se una private company arriva ad avere più di 500 azionisti, è obbligata a fornire al mercato le stesse informazioni di una società quotata. Per evitare di assumersi gli oneri ma non gli onori della Borsa, Facebook (il cui numero di azionisti è appena inferiore a 500) ha interrotto, dalla fine del 2007, il piano di stock granting destinato ai dipendenti. «Non abbiamo fretta di quotarci» ha detto il fondatore Mark Zuckemberg qualche settimana fa. Ma l'attesa spasmodica che si è creata sul mercato e l'intenso scambio di azioni nei mercati secondari gli avranno certamente fatto fregare le mani. Quando finalmente arriverà la tanto attesa ipo, il 25enne fondatore di Facebook rischia seriamente di scalare la classifica dei miliardari del web, ora capitanata dai Google Boys Larry Page (37 anni) e Sergey Brin (36 anni).

Da i Google boys a Zuckerberg ecco i miliardari del web

 

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