«Dieci falsità: le deformazioni del "Giornale" e la realtà del fatti». Si intitola così la rubrica Il direttore risponde con la quale Dino Boffo contesta sul quotidiano cattolico Avvenire, che dirige dal 1994, una per una le accuse lanciate da Vittorio Feltri a partire da venerdì scorso, scegliendo una formula che ricorda le «dieci domande» di Repubblica al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi.


1) «Boffo "noto omosessuale" e protagonista di una "relazione" con un uomo sposato segnalata in atti del Tribunale di Terni». Questa affermazione del Giornale che si basa su «una lettera anonima diffamatoria», si legge nella rubrica di Avvenire, è falsa. «Lo ha confermato il gip di Terni Pierluigi Panariello il 31 agosto: "Nel fascicolo riguardante Dino Boffo non c'è assolutamente alcuna nota che riguardi le sue inclinazioni sessuali"».

2) «Boffo "attenzionato" dalla Polizia di Stato per le sue "frequentazioni"». Anche questa affermazione viene smentita dal direttore di Avvenire: «La schedatura - scrive il quotidiano - è stata smentita dal ministro dell'Interno dopo pronta verifica fatta compiere nella struttura centrale e periferica della pubblica sicurezza».

3) Non è vero che «Boffo è stato "querelato" da una signora di Terni». A Terni, scrive Avvenire, «fu sporta denuncia/querela non contro Boffo, ma contro ignoti da soggetti che ben conoscevano Boffo e la voce di Boffo e che, quando hanno scoperto che era stato ipotizzato il coinvolgimento del cellulare in uso al suo ufficio, hanno rimesso la querela»

4) «Ci sono "intercettazioni" che accusano Boffo». Avvenire contesta anche questa affermazione: «Solo la lettera anonima parla di intercettazioni. Agli atti, invece, ci sono tabulati dai quali emergono telefonate partite da una delle utenze mobili che erano nella disponibilità di Boffo».

5) «Boffo ha dichiarato di "non aver mai conosciuto" la donna di Terni colpita da molestie telefoniche». Questa è la quinta affermazione smentita da Avvenire: «Boffo conosceva i destinatari delle telefonate, i quali, dunque, conoscevano la sua voce. Il "Giornale" non può, tuttavia, nella sua montatura accettare un elemento antitetico alla sola idea della colpevolezza di Boffo».

6) Non è vero che Boffo «si è difeso indicando un'altra persona come coinvolta in una storia a sfondo "omosessuale"». Il direttore di Avvenire spiega di aver «solo e sempre dichiarato ai magistrati» che quel telefono avrebbe potuto essere utilizzato da una terza persona. Una pista questa che «sul piano giudiziario non è stata "approfondita" perché non "ritenuta attendibile da chi indagava"».

7) «Nelle telefonata attribuite a Boffo ci sarebbero state "intimidazioni" e "molestie" a sfondo "sessuale", anzi "omosessuale". E sarebbero state accompagnate da "pedinamenti"». Anche su questo punto Avvenire replica: «Le affermazioni del "Giornale" sono prive di fondamento. Boffo si è sempre dichiarato estraneo a una vicenda nella quale, anche presa solo come è stata presentata, sul piano giudiziario non include "pedinamenti", né molestie legate alla sfera "sessuale"».

8) Falso è anche, scrive Avvenire all'ottavo punto, che lui si sia mai detto in qualche modo colpevole offrendosi di patteggiare la pena. «Boffo non ha patteggiato alcunché e ha sempre rigettato l'accusa di essere stato autore di telefonate moleste».

9) Boffo contesta quindi di aver mai reso pubbliche «ricostruzioni» della vicenda, né chiamato in causa «nessun'altra persona, nessun particolare, nessun ente e istituzione» e «nonostante il pesantissimo attacco diffamatorio del "Giornale" non intende consegnare niente e nessuno al tritacarne mediatico da questo generato e coltivato».

10) Infine Avvenire ribadisce che «la cosiddetta "informativa" è un testo gravamente diffamatorio di incerta (per ora) origine, ma sicuramente non scritto in sede giudiziaria né per sede giudiziaria e non attinente alla vicenda ternana alla quale è stato surrettiziamente "appiccicato" all'interno di una missiva anonima dopo essere stato ideato allo scopo».

 

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