«Dalle informazioni che abbiamo, confermo la presenza di un testimone del pestaggio di Stefano Cucchi nella cella di sicurezza del Palazzo di Giustizia a Roma. Si tratta di un detenuto». Lo ha detto l'avvocato della famiglia Cucchi Fabio Anselmo. L'avvocato ha detto che è imminente l'istanza di riesumazione del cadavere per svolgere una nuova autopsia. «Sappiamo cosa ha visto il testimone, chi sono le persone coinvolte. Ma in questo momento non possiamo dire di più», conclude l'avvocato Anselmo.

L'avvocato ha anche precisato che «nelle cartelle cliniche emerge come Stefano abbia rifiutato cibo e acqua perchè voleva parlare con il suo avvocato e con una volontaria di una comunità terapeutica dove voleva rientrare, oltre che con suo cognato. Che fosse un tossicodipendente con grossi problemi di droga come ha detto Giovanardi è vero - ha aggiunto Anselmo - ma è evidente come i molteplici traumi alla colonna vertebrale abbiano debilitato il fisico fino al decesso di Stefano. Credo che la configurabilità dell'omicidio preterintenzionale è fuori discussione».

Stefano Cucchi non era nè sieropositivo nè anoressico. Lo ha chiarito la famiglia che è stata ascoltata questo pomeriggio dalla commissione del Senato che indaga sull'efficienza in campo sanitario. La madre di Stefano Cucchi, Rita, il padre Giovanni, la sorella Ilaria, hanno riferito alla commissione presieduta da Ignazio Marino le informazioni in loro possesso. «La nostra battaglia - ha spiegato la sorella Ilaria - è quella di dare dignità alla morte di Stefano. Vorremmo che nessuno morisse più come è morto lui. In questa vicenda sono stati ignorati tutti i diritti umani, sia quello della difesa che il diritto alle cure». Per la famiglia i recenti avvisi di garanzia emessi dalla magistratura romana, come l'annuncio di un testimone oculare, sono «un buon segno, vuol dire che si sta andando avanti». Riferendosi agli incidenti di sabato scorso, durante una manifestazione nel quartiere dove Stefano Cucchi era cresciuto la famiglia, Ilaria Cucchi ha fatto un nuovo appello alla calma, a non creare incidenti che possono solo danneggiare l'inchiesta in corso. Il padre di Stefano, Giovanni Cucchi, ha risposto poi a quanti chiedevano fosse stato opportuno autorizzare la pubblicazione la fotografia scattata a Stefano dopo la sua
morte. «Stefano avrebbe approvato - ha detto Giovanni Cucchi - abbiamo fatto la cosa giusta perchè ci aspettiamo che venga fatta giustizia».

Intanto si allunga la serie di nomi inseriti nel registro degli indagati della Procura di Roma nell'ambito dell'inchiesta sulla morte di Stefano Cucchi, il giovane deceduto in ospedale dopo l'arresto e una breve detenzione in carcere. L'accusa contestata è quella di omicidio preterintenzionale. A rispondere della fine di Cucchi sono persone che hanno avuto in custodia Cucchi. Non sono emersi elementi di responsabilità per chi ha effettuato l'arresto ma potrebbero essere chiamati a rispondere della propria condotta coloro che hanno avuto in custodia Cucchi. Al momento gli inquirenti non hanno preso in esame la posizione dei medici, dei sanitari che si sono occupati di Cucchi: bisogna attendere il risultato delle consulenze. Ma intanto arriva il primo responso che è stato comunicato ai pm dai consulenti che hanno riesaminato le cartelle cliniche e gli esami effettuati su Cucchi: le lesioni riscontrate sul suo corpo potrebbero essere state causate sia da una caduta che da un pestaggio, da percosse.

Secondo gli avvocati Fabio Anselmo e Dario Piccioni, legali della famiglia Cucchi le prime iscrizioni sul registro degli indagati «sono uno sviluppo particolarmente significativo e rilevante della delicata indagine in corso». Ilaria Cucchi, la sorella del geometra 31enne, aspettando le conferme ufficiali ha espresso soddisfazione per il lavoro "scrupoloso" dei pm, ma ha anche voluto precisare che quella intrapresa dalla sua famiglia «non è una lotta cieca contro lo Stato, bensì una richiesta di verità e giustizia».

Sono anche state rese pubbliche on line dall'associazione "A buon diritto" le cartelle cliniche di Stefano Cucchi. «Mio fratello è stato lasciato morire disidratato e non sono state accolte le sue richieste, negati fondamentali diritti», così le ha commentate la sorella Ilaria. Un alto punto "cruciale" è quel documento non firmato riguardo all'indicazione di voler informare o meno delle sue condizioni sanitarie i familiari. «Ora io so che lui non aveva espressamente richiesto di non darci sue notizie», ha detto Ilaria. Sul giallo dei due moduli, uno, reso pubblico il 9 novembre tra i referti dell'ospedale e agli atti del pm consegnati agli avvocati, dove non ci sono né barre né firme, e un altro che sarebbe firmato. Il pm ha chiesto una perizia grafologica.

 

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