Cosimo De Tommaso, sessantenne ex direttore di Confindustria Cosenza, in pochi anni ha vinto la sua scommessa imprenditoriale.
Per gli occhi delle cosche dell'ex provincia babba di Cosenza questa è stata una manna inaspettata. Un altro limone da spremere con le estorsioni. Così, tanto per riaffermare che in Calabria non esistono isole felici.
Questa volta i quaquaraqua spediti dai boss locali hanno sbagliato i conti con Cosimo De Tommaso, discendente di un artigiano calzaturiero fiorentino, suo omonimo, che in Francia, così racconta la tradizione, fece calzare le sue scarpe a Napoleone Bonaparte.
L'imprenditore non ci ha pensato un attimo quando, l'11 gennaio, è volato dritto in Questura a denunciare quei simpaticoni, rimasti per ora anonimi, che davanti allo show room di calzature inaugurato il 24 ottobre 2009 a Cosenza, hanno depositato una tanica di benzina, un accendino e due proiettili. Un gesto che non lascia adito a dubbi: o paghi o sai come puoi finire.
Dalla Questura alla Procura il passo è stato breve e due giorni fa, dopo la riunione del comitato per l'ordine pubblico e la sicurezza, è stato deciso di assegnare una tripla tutela alla famiglia De Tommaso: sotto casa, in fabbrica e davanti allo show room cosentino. Un gesto che ha una valenza doppia: far comprendere agli imprenditori e ai commercianti che pagano il pizzo che lo Stato si schiera dalla loro parte e far capire alle cosche o ai cani sciolti che da esse comunque dipendono per sopravvivere, che la risposta dello Stato è forte e chiara.
Mai De Tommaso avrebbe pensato che la sua avventura potesse prendere questa piega. Per

Troppa grazia San Francesco per le cosche di Cosenza, una volta provincia che – eccezion fatta per lo spietato clan Muto di Cetraro – era immune o quasi da fenomeni di criminalità organizzata. Non è più così. Ogni Comune della provincia e ogni quartiere del capoluogo, ancora oggi salotto buono della Calabria che conta e che vuole contare, è in mano ai capibastone.
"Non ci ho pensato un minuto – dichiara De Tommaso al Sole-24 Ore – e ho denunciato. Non l'ho fatto per me. Se avessi voluto avrei potuto scegliere di chiudere la fabbrica e godermi la pensione. L'ho fatto per i miei figli e per le nuove generazioni calabresi che, se va avanti così, non avranno speranze e futuro".
Il presidente di Confindustria Cosenza, Renato Pastore, si è schierato subito con De Tommaso, denunciando "il clima di insicurezza e di forte tensione creato da questi accadimenti che finiscono per turbare e mettere a dura prova il senso di fiducia dei cittadini e la voglia di fare di ciascuno"
Il presidente della piccola industria di Confindustria Calabria, Fausto Aquino, ha dichiarato che "l'increscioso accadimento subito dal collega De Tommaso e da tanti altri imprenditori nel tempo, pone in primo piano le problematiche legate alla presenza sul territorio della malavita organizzata e alle ingerenze pesanti esercitate in particolare nei confronti delle attività economiche. Occorre rinsaldare le fila della società civile per riaffermare una cultura della sicurezza e della legalità. Serve recuperare fiducia nei confronti dello Stato e delle istituzioni per aumentare il livello di garanzia e la consapevolezza di non essere da soli contro un nemico che fa sentire la sua forza attraverso la paura".
De Tommaso si è schierato e con lui lo Stato e Confindustria. Spetta ora ai calabresi decidere di seguire sempre questi esempi o restare ai piedi della ‘ndrangheta.
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