Sì alla possibilità di accordi locali con l'Udc ma previa "autorizzazione" dei tre coordinatori nazionali del Pdl. Questo il documento messo a punto dai maggiorenti del Pdl: compromesso tra chi, come Sandro Bondi e Francesco Giro, spingeva per una rottura con l'Udc anche in quelle poche regioni dove c'è l'accordo – Lazio in testa – e chi, Gianfranco Fini e finiani in primis, spingeva invece per salvaguardare le alleanze locali con i centristi.

Per i finiani è d'obbligo "blindare" la candidatura di Renata Polverini nel Lazio, dove l'accordo con l'Udc è stato già siglato. Il faccia a faccia tra Fini e il premier previsto per domani sarà dunque sgombro dalle nubi che si erano addensate nelle ultime ore dopo lo sfogo del premier con i suoi, tentato dal rompere del tutto con l'ex alleato Casini e fortemente critico nei confronti della politica del "doppio forno". Il punto è che i voti dell'Udc sono decisivi in almeno cinque regioni, tra cui il Lazio la Campania e la Calabria. E Berlusconi non può permettersi in questa fase di rischiare inutilmente. Né è da sottovalutare il pressing di queste ore dello stesso Fini per salvare la candidatura della Polverini.

Dunque niente rottura con l'Udc, ma libertà di critica sì. Almeno questo si evince dalle parole che Berlusconi ha pronunciato nel pomeriggio incontrando il cardinale Camillo Ruini: «Io penso di essere libero in campagna elettorale, anche in una regione ove vi fosse un'eventale alleanza con un partito la cui posizione politica io non condivido, di rivolgere a questo partito delle critiche». Insomma il duello continuerà. Ma per ora niente rotture definitive. Dopo le regionali un'autostrada di tre anni senza appuntamenti elettorali servirà anche a ridefinire una volta per tutte alleanze e rapporti di forza interni al centro-destra.

 

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