Giorni decisivi per la riforma delle scuole superiori. Si apre infatti la settimana che potrebbe essere decisiva per l'approvazione finale della riforma. Dopo i pareri espressi dalle Commissioni cultura, da quella della Camera prima e da quella del Senato poi - pareri che hanno fatto seguito a quelli di Cnpi, Conferenza unificata Stato-Regioni e Consiglio di Stato - i tre schemi di regolamento torneranno al consiglio dei ministri per il via libera in seconda lettura. Anche se manca ancora una comunicazione ufficiale, è probabile che il disco verde a nuovi licei, tecnici e professionali, arriverà durante la seduta n.81 del Consiglio dei ministri. Appena approvata dal Cdm, la riforma verrà esaminata dal presidente della Repubblica e dalla Corte dei conti per il visto finale.

Prima del consiglio dei ministri, il governo dovrà verificare la possibilità di accogliere alcuni rilievi posti dagli organismi di competenza. Su tutti l'indicazione, unanime, di introdurre la riforma solo dalle prime classi anziché dal biennio iniziale. La richiesta andrà tuttavia verificata dal ministero dell'Economia che contava, come indicato nella finanziaria del 2009, di tagliare di circa il 7% la spesa scolastica: questa politica di contenimento, pari a 7,6 miliardi in tre anni, avrebbe dovuto comportare l'eliminazione di 135mila posti, di cui 87mila cattedre.

Ora però l'avvio dimezzato della riforma della secondaria, solo per le prime classi, potrebbe creare qualche problema ai programmi di risparmio di via XX Settembre. Qualche problema anche per il ministero dell'Istruzione su cui, in caso di mancato ottenimento dei risparmi stabiliti, potrebbe scattare la cosiddetta «clausola di salvaguardia», introdotta dall'ex ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa durante la penultima legislatura, e mai abrogata.

Potrebbe creare difficoltà, perlopiù di carattere politico, l'accoglimento di altri punti, indicati, in ordine sparso, da Cnpi, Conferenza unificata, Consiglio di Stato e commissioni parlamentari: su tutti, l'invito a ridurre la presenza negli organi collegiali di enti ed esperti esterni, oltre che di dipartimenti e comitati scientifici che andrebbero in conflitto con l'autonomia di ogni singolo istituto.

Forti resistenze sono giunte negli ultimi giorni anche da diverse associazioni dei docenti, preoccupati che i tagli possano produrre ad alcuni raggruppamenti di insegnanti (come i geografi, che hanno raccolto oltre 10mila firme per chiedere un numero maggiore di ore settimanali, ma anche i filosofi, i grafici e tanti altri) alte probabilità di creare delle situazioni di organici in soprannumero. Un numero imprecisato di docenti di ruolo, anche da diversi anni, potrebbe dover abbandonare le rispettive scuole di titolarità per essere impiegati in altri istituti: nel caso non vi fossero posti liberi a disposizione scatterebbe l'obbligo di riconversione professionale su altre classi di concorso o sul sostegno. Senza considerare che per tutti coloro in lista di attesa, anche dopo decenni di supplenza, si aprirebbero le porte della disoccupazione sicura.

 

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