Legare il futuro di Termini Imerese alla questione degli incentivi «non risolve nulla». Emma Marcegaglia ritiene che si debba «distinguere un sostegno all'economia, a tutti i settori in sofferenza, dal problema di uno stabilimento produttivo che non è efficiente per motivi di vario tipo». Il tema serio, rimarca la presidente di Confindustria è «reimpiegare le persone che rischiano di perdere il posto di lavoro». È su questo, dice Marcegaglia, che «serve l'impegno di Fiat - e l'ha dato - nostro e del Governo». E la posizione di Marchionne? La sua «è una richiesta di stabilità e certezza» sugli aiuti.

Sugli incentivi al settore automobilistico è interventuo anche il presidente del Consiglio. «Stavamo esaminando» l'erogazione, ma «pare che il principale produttore, la Fiat, non sia interessato ad averla», ha detto Silvio Berlusconi nel corso della conferenza stampa a Palazzo Chigi, dopo il Consiglio dei ministri. In ogni caso - aggiunge il premier - «è ancora un capitolo aperto, stiamo discutendo con altri protagonisti del settore auto e vediamo come si metteranno le cose, noi siamo sempre aperti e pronti a dare una mano ai settori che ne hanno bisogno».

Qualche ora prima il presidente del Senato era stato ancora più esplicito: «Bisogna avere il coraggio di dire basta a elargizioni statali se non vengono salvaguardati i posti di lavoro e i presidi industriali». Renato Schifani ha ribadito come «il patrimonio industriale di Termini Imerese» debba essere salvato. Dunque: niente incentivi senza garanzie per l'occupazione, il che vuol dire niente aiuti se non ci sarà un incremento della produzione. Gli aiuti dello Stato alle imprese, ha chiarito il presidente del Senato, vanno erogati solo se le aziende rispettano un «preciso dovere etico»: una politica che esalti e tuteli l'occupazione. Perchè ora come mai, ha sottolineato Schifani, «l'aspetto occupazionale assume un'alta rilevanza sociale».

Il centrodestra si oppone alla chiusura di stabilimenti importanti e Schifani lo dice chiaramente: «Non è pensabile che a fronte di un impegno costante dello Stato nei confronti di realtà produttive, quali l'industria automobilistica e metallurgica pur nella difficile crisi economica che attanaglia le economie di tutto il mondo, si assista alla progressiva dismissione di stabilimenti». Anche perché nel caso di Fiat alcuni delle fabbriche in questione rappresentano «un vero e proprio presidio sociale». Quello che la maggioranza di governo chiede a Fiat è perciò sostanzialmente un impegno maggiore.

A provocare le reazioni dei massimi esposnenti del Pdl è stata un'intervista alla Stampa di Sergio Marchionne, che si è detto «agnostico sugli incentivi». Il «governo faccia la sua scelta e noi la accetteremo senza drammi», ha puntualizzato per poi ribadire che la chiusura di Termini non è discussione. Ma ha aggiunto che Fiat mira a «rafforzare la produzione in Italia (...) a partire dallo spostamento della Panda dalla Polonia a Pomigliano che produrrà così 300 mila vetture l'anno». Insomma la casa torinese torinese «riconferma assolutamente il suo impegno in Italia. Vogliamo arrivare nel 2012 a fare 900 mila vetture, nel 2009 sono state 650 mila». Promesse giudicate evidentemente ancora troppo avare dal centrodestra.

 

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