Articolo pubblicato sul dorso lombardia in edicola il 3 febbraio

Credenti o non credenti, adesso, alla Acritech srl di Meda, il segno della croce se lo fanno, metaforicamente, tutti i santi giorni. Magari augurandosi «che continui così…».
Già, perché l'acquasantiera elettronica brevettata da un barista brianzolo ha benedetto – è il caso di dirlo – i loro affari. Allargando gli orizzonti aziendali ai quattro angoli del mondo. Un business urbi et orbi, che alla Acritech fanno fatica a contenere. E che presto potrebbe vedere l'apparecchiatura hi tech apparire persino in Duomo, a Milano.

Proprio una manna dal cielo, l'invenzione di Luciano Marabese, per questa impresa artigiana specializzata in pianali e complementi d'arredo per alcune importanti firme brianzole del design e dell'arredamento. Una novità, e una scommessa, che sta rivoluzionando l'attività e ridando vigore a un bilancio messo a dieta dalla crisi, passato dagli 850mila euro del 2008 ai circa 700mila del 2009.

«Per fortuna siamo riusciti a galleggiare» racconta Marco Barzon, uno dei due titolari, aprendo le porte del laboratorio di 500metri dove quattro artigiani smanettano con i ferri del mestiere.
«Adesso – specifica l'altro titolare Alberto Viganò – con l'acquasantiera elettronica, sta cambiando un po' tutto».

L'accordo non è ancora ufficiale, ma, come detto, il modello a prova di batteri dovrebbe approdare anche in Duomo a Milano.
Lei è lì, appesa alla parete dell'ufficio tascabile dove l'unica impiegata smista repentina carte in varie lingue: è panciuta, realizzata in lastre di resina simili al marmo e antibatteriche, con sopra una croce e sotto la vaschetta. Giri una chiave e si apre il cuore tecnologico: un contenitore per l'acqua, la batteria, una fotocellula, un chip e un software per regolare il dosaggio, limitandolo alle quattro gocce sufficienti per bagnare le dita di un fedele.

«Sicuramente l'influenza A ha dato una grande visibilità al nostro prodotto – racconta Viganò –, tanto che ne hanno parlato in tutto il mondo, compresa la Bbc, e sono iniziate a fioccare le richieste». Una coincidenza fortunata – perché il progetto era già in piedi prima dell'esplodere della fobìa H1N1 – che ha fatto accelerare a dismisura i tempi di industrializzazione.

Così che Barzon e Viganò, oltre ad aver investito quasi 100mila euro per il via, si sono affidati a due responsabili commerciali, per mettere a punto un piano d'azione strategico Giulio Zucchetti e Roger Sasso: «Per questo primo anno abbiamo previsto di produrre 200 pezzi al mese – spiega Zucchetti e –. Ma, dall'interesse che sta suscitando, non è da escludere che ci si ritrovi in difficoltà a evadere gli ordini». Forti del boom di richieste da ogni latitudine (il prezzo parte da circa 1.500 euro), l'azienda mette in preventivo la necessità di raddoppiare gli sforzi: è già in trattativa per trasferirsi in un nuovo laboratorio di mille metri quadrati e sta pensando a nuova forza lavoro. «Queste due sono in partenza per l'Australia e queste altre due per l'Austria - racconta Marco Barzon, mostrando la pila di acquasantiere già imballate –, poi abbiamo contatti dagli Stati Uniti, dal Canada, dal Sud America, dal Messico, da tutta Europa e, ultimamente, anche da paesi come Corea, Singapore e Cina». Il sito internet è tradotto in inglese, tedesco, francese, portoghese e spagnolo.

Proprio la Cina rappresenta un grande mercato potenziale, ma anche, come al solito, un rischio: «Lì c'è un boom del cattolicesimo – spiega Roger Sasso – con 100 milioni di credenti stimati. Ci sono dunque ampie potenzialità: una mia vicina di casa cinese ha qui un ristorante, vuole smettere con gli involtini primavera e tornare lì a distribuire l'acquasantiera…». Più serio, il rischio che i cinesi facciano propria l'idea, «anche se noi possiamo garantire gran parte della lavorazione fatta a mano – assicura Alberto Viganò –, quindi di qualità, come lo sono i materiali usati». Alcuni tentativi di imitazione, peraltro, sarebbero già in atto.

Proprio in questi giorni la Acritech sta piazzando le prime bandierine in giro per il mondo, con una serie di distributori: trattative sono in corso con realtà di Canada, Francia, Belgio, Portogallo e Stati Uniti, mentre sono già attivi quelli in Spagna e in Italia. Un carico di acquasantiere per varie regioni è partito qualche settimana fa, «con episodi curiosi – rivela Sasso – come don Pasquale di Cerignola, che è entusiasta e ha detto di inviargli anche centinaia di volantini, per distribuirli ai colleghi».

Interessato è anche il sacerdote del santuario della Madonna Nera di Czstochowa, in Polonia, meta di pellegrini da ogni dove: la chiesa è troppo grande, il viavai intenso e le porte sempre aperte invitano i piccioni a rinfrescarsi nelle antiche acquasantiere; da qui la necessità di chiedere aiuto alla tecnologia made in Brianza. «Il progetto doveva avere i suoi normali ritmi cadenzati – racconta Marco Barzon – invece siamo costretti a correre. Siamo riusciti a inserirlo nel nostro ciclo produttivo, ma se le cose andranno come speriamo dovremo fare ulteriori passi avanti nell'organizzazione aziendale». Anche perché Acritech ha già studiato nuovi modelli, ad esempio una acquasantiera totem per le cattedrali, con più fonti delle quali una più bassa per bimbi e disabili, e propone anche strutture a progetto con tanto di consulenza grafica e tecnica.

Tutto è nato in una sera di noia di otto anni fa, fra giovani, in un bar di periferia, «io al bancone, loro al tavolo – ricorda il titolare del brevetto Luciano Marabese –, si voleva inventare qualcosa e, non so come, mi è balenata questa idea». Prima le risate, poi la partecipazione: un cliente elettricista, il nipote idraulico, pezzo dopo pezzo nasce il primo prototipo. Quindi, un artista della zona ne realizza un modello in terracotta, che dal 2005 funziona nella chiesa dei Tre Fanciulli a Fornaci di Briosco. «Parlando con i parroci – spiega Marabese – ho scoperto che le acquasantiere tradizionali non le usava più nessuno, i fedeli quasi facevano finta di immergere le dita». Nell'accordo originale, la promessa di dare un aiuto a don Bruno Vitari nella sua missione in Camerun, «infatti parte dei ricavati li destiniamo a lui – racconta l'inventore – per la costruzione di pozzi d'acqua».

 

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