«Quarantatre (milioni, ndr) al somaro, dieci e due al giraffa, poi ce stanno dieci e mezzo a Ciccio, seimila a Kieran, quattromila... Nic, quattromila... Pin». È il 10 gennaio 2008. Gennaro Mokbel, nell'ufficio di viale Parioli a Roma, parla dei compensi da destinare a vari protagonisti della maxi-frode fiscale. Sembra quasi che il faccendiere ritenuto la mente della truffa sappia di essere intercettato, dato che usa solo soprannomi. Ma gli investigatori, che effettivamente lo stanno ascoltando, sanno bene di chi parla: il «Somaro» è Carlo Focarelli (uno degli uomini chiave dell'operazione), «Ciccio» è Augusto Murri (uomo vicino a Mokbel), «Nic» è il senatore Nicola di Girolamo e «Pin» è Marco Toseroni (socio di Di Girolamo in alcune società). Siamo nel cuore della maxi-frode: le cosiddette "stecche".

È «Nic» il nome che spicca di più in questa intercettazione: il senatore quarantanovenne romano, eletto all'estero per il Pdl grazie a una finta residenza a Bruxelles, ha infatti incassato soldi o quantomeno benefici economici con la maxi-frode Carosello. Mokbel parla di «quattromila» euro per «Nic» Di Girolamo. Ma questo – ancora da verificare – sarebbe il meno. Ci sono infatti tutti i bonifici arrivati alle società intestate, anche indirettamente, a Toseroni e a Di Girolamo. La società Antiche Officine Campidoglio riceve per esempio un milione e 147mila euro nel 2007, con cui acquista una Bmw «X5», una Jaguar, una Ferrari, una Audi «A8 V8» e due Yacht. Chi le usa? Il senatore Di Girolamo. Altre auto di lusso sono invece andate ad altri complici. Metropolitan Properties Llc, sempre di Toseroni e Di Girolamo, incassa invece poco più di un milione nell'agosto 2007. Serviti a cosa? Forse per comprare immobili. Soldi entrati, ma anche usciti (per esempio dalla società Nyx): in fondo è difficile capire quanti siano restati effettivamente al senatore. Certo è – almeno secondo l'ordinanza del Gip – che lo yacht e la Jaguar le usava lui.

I fiumi di denaro
Prima di arrivare alle "stecche" bisogna fare un lunghissimo giro per il mondo. La rete di società e di conti correnti che serve per smistare i denari provenienti dalla cosiddetta frode Carosello è infatti immensa. Più di cinquanta società – dislocate dall'Isola di Man a Hong Kong, da Zurigo a Panama, da Londra a Dubai – sono state create solamente per dirottare i proventi della maxi-frode fiscale. In molti casi non fanno altro: sono solo dei "semafori" che indirizzano il traffico di denaro. Praticamente non esiste angolo del mondo dove questa organizzazione non abbia un puntello: una società, un prestanome, un interesse. Un amico. Un referente.

Il meccanismo della truffa è diviso in due parti, come il primo e il secondo tempo di un film. Nel primo tempo una rete di società, con un giro di fatture false da 2 miliardi di euro, realizza la frode Carosello e sottrae allo Stato 365 milioni di euro di Iva non pagata. Questa prima parte della frode, insomma, serve per creare il bottino. Poi i soldi finiscono a Panama, alle società Broker management e Karelia Business Group. E qui – hanno ricostruito gli inquirenti – inizia il secondo tempo: lo smistamento. I soldi in parte tornano nella girandola della frode Carosello e in parte vanno a pagare i vari personaggi della truffa. Le società Broker Management e Karelia – scrive il Gip – «sono state la stazione di partenza di oltre 190 milioni di euro costituenti le cosiddette stecche». Cioè i «compensi per i sodali dell'organizzazione». Quasi 200 milioni di euro sono insomma finiti a varie persone fisiche, a società (l'ordinanza cita anche Fastweb e Telecom Italia Sparkle). E sono serviti per comprare diamanti, beni di lusso, immobili.

Le "stecche"
Arriviamo dunque ai pagamenti finali. Cioè ai soldi che, in ultima istanza, tornavano in Italia. Oltre a Di Girolamo, i denari arrivano a decine di persone fisiche e società. Uno snodo fondamentale è Carlo Focarelli, definito dagli inquirenti un "dominus" e una figura chiave nel «ruolo di riciclatore». Molti soldi passano da lui. E tanti transitano da due società, Cfz srl e Globalstream, usate come «tramite» per le somme provenienti dalle operazioni illecite. Ci sono bonifici a favore di conti personali di Bruno Zito (che però ieri ha detto di non avere incassato soldi) e Giuseppe Crudele, allora manager di Fastweb. Ci sono bonifici verso lo stesso Focarelli. E ci sono molti altri pagamenti. Una babele da cui gli stessi investigatori faticano a districarsi e su cui gli interrogatori potranno fare luce. Un altro snodo fondamentale sono anche Fastweb e Telecom Italia Sparkle, società – scrive il Gip – che hanno tratto «il maggior vantaggio», potendo anche vantare un credito verso l'Erario di 336 milioni. E ovviamente molti soldi sono finiti al numero uno dell'organizzazione, Gennaro Mokbel, e a sua moglie Giorgia Ricci: soldi anche usati per acquistare immobili. Una girandola infinita, costata anni di investigazioni per dipanarla. Ecco cosa si può fare con una frode dal nome innocuo: Carosello.

Frode Carosello / Da Panama a Dubai il giro del denaro e delle società
m.longo@ilsole24ore.com

 

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