Studi di fattibilità superficiali o a volte assenti, tangenti, gravi irregolarità nella gestione e nel collaudo dei lavori appaltati, esecuzioni difformi ai progetti originari. È lungo, per la Corte dei Conti, l'elenco delle "patologie" che rendono "opache" e, spesso, senza regole le gare d'appalto. A ciò si aggiunga, la penuria di opportunità di lavoro, l'eccessiva burocrazia nei permessi e l'abuso del meccanismo del "massimo ribasso", che consente di chiudere gare anche al 40% di in meno del prezzo a base d'asta. Uno "sconto" che, poi, l'impresa fa pagare su costo e sicurezza della manodopera, qualità dei materiali, affidabilità delle realizzazioni.

Con conseguenze sotto gli occhi di tutti: opere incompiute, o progettate e non appaltate, o incomplete o inutilizzabili, che determinano «uno spreco di risorse pubbliche», ha ricordato il procuratore generale della Corte dei conti, Mario Ristuccia, all'inaugurazione dell'anno giudiziario della magistratura contabile. E non sono mancate le condanne: nel solo 2009, su 46 sentenze per danno erariale derivante da attività contrattuale della pubblica amministrazione, ben 29 sono sfociate in sanzione per i chiamati in giudizio per un importo complessivo pari a 14,8 milioni di euro.

Per il presidente della Corte Tullio Lazzaro si tratta di una «zona d'ombra o di nebbia che sovrasta il tessuto più vitale e operoso del Paese», dove tangenti e corruzioni non accennano a diminuire. Anzi in alcuni casi sono alla base pure di «ingiustificati e fraudolenti aumenti di prezzo degli appalti».

Ma alla base dell'opacità delle procedure di assegnazione dei lavori pubblici non ci sono solo le "bustarelle". Sfogliando tra i procedimenti conclusi dai magistrati contabili per danno erariale negli appalti, emerge che è abbastanza diffusa, anche, la realizzazione di opere senza una previa, accurata verifica della loro concreta eseguibilità economica, tecnica, logistica. L'assenza o comunque la grave superficialità in tali casi di una analisi di fattibilità sono spesso le cause del sorgere, in corso d'opera, di una serie di difficoltà di esecuzione del rapporto contrattuale e del conseguente fallimento dell'opera o del servizio appaltati, rendendosi così vano il dispendio di risorse finanziarie nel frattempo utilizzate.

Altra nota dolente sono le «gravi e ripetute irregolarità nella gestione e nel collaudo dei lavori appaltati». Tutti gli agenti che rivestono le qualità di direttori dei lavori, progettisti, addetti alle misurazioni e rendicontazioni, preposti alla vigilanza di settore hanno precisi e stringenti obblighi di intervento nell'esecuzione delle opere, per garantire lavori a opera d'arte, osservanza dei tempi contrattualmente previsti, regolarità delle contabilizzazioni che misurano e quantificano il valore economico dell'effettiva utilità ottenuta dall'amministrazione committente, senza danno. Eppure, rileva la Corte dei Conti, le «inosservanze sono frequenti, territorialmente diffuse e mettono a nudo l'insufficienza del solo fattore normativo». I magistrati contabili chiedono uno sforzo in più alle amministrazioni: «protocolli interni, specificamente programmati, elaborati e dedicati al contrasto preventivo di anomalie e di degenerazioni dannose».

 

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