Il candidato del centro sinistra.
Il Veneto è al bivio tra apertura e chiusura, tra coraggio e paura. Il Veneto potrebbe essere primo in Europa, ma solo se decide di guardare avanti.
Alcune scelte sono indispensabili. Il nostro sistema produttivo si basa su piccole imprese che meritano maggiore rispetto, ad esempio sul piano fiscale. Agli annunci del governo sulla riduzione delle tasse non sono per ora seguite azioni concrete.
In generale, servirebbe un sistema fiscale che premi il lavoro rispetto alla rendita. Ma nel caso specifico dell'Irap, l'ideale sarebbe permettere la detrazione degli interessi passivi, in modo da premiare quelle aziende che, malgrado la crisi, si sono indebitate per sostenere l'innovazione e l'occupazione.
Anche nel campo del credito c'è molto da fare. Un 10% degli affidatari ottiene ad oggi quasi l'80% degli affidamenti. Strumenti come Veneto Sviluppo possono servire per ampliare l'offerta del credito alle piccole imprese, per le quali spesso il credito è un privilegio. In ogni caso è auspicabile e possibile dare maggiori fondi ai Confidi.
Come tutto il sistema della piccola impresa, l'artigianato ha bisogno di un quadro normativo semplice, di agevolazioni nell'accesso al credito, di tempi di pagamento celeri (soprattutto da parte della pubblica amministrazione). Ma la cosa più importante è rivalutare il ruolo non solo economico, ma anche sociale di questo settore.
Alle imprese servono regole semplici e chiare. Lo smaltimento dei rifiuti industriali e speciali è una questione complessa, che l'assenza di un Piano regionale per i rifiuti ha potuto solo aggravare. Alimentando l'incertezza e la tensione in alcune comunità locali.
Più in generale, è l'intero rapporto tra Stato e autonomie locali che va rivisto, se vogliamo accelerare il passo su infrastrutture come la SFMR, la nuova Romea, il sistema delle tangenziali venete o la TAV.
Il residuo fiscale, cioè ciò che il Veneto dà in solidarietà verso il resto d'Italia, è cresciuto in termini lordi del 70% dal 2002. Eppure, nello stesso periodo, la spesa statale procapite in questa regione si è ridotta del 10%, mentre i trasferimenti ai Comuni e alle Province sono scesi addirittura del 20% nello stesso periodo. Occorre cambiare rotta.
Occorre farlo anche nel rapporto tra pubblica amministrazione e aziende. Come amministratore di un Comune come Venezia, sono riuscito a ridurre mediamente del 40% i tempi di attesa per le aziende che si rivolgono allo sportello unico per le attività produttive. Questo risultato può e deve essere raggiunto anche altrove.
La pubblica amministrazione regionale può essere un'alleata dello sviluppo. Attualmente sono troppe le occasioni sprecate. Basta guardare alla ricerca. Le aziende venete utilizzano appena il 5% dei fondi europei dedicati alle attività di ricerca e innovazione. Eppure per lo sviluppo la formazione e la ricerca sono indispensabili.
Credo alla necessità di mettere in rete le realtà universitarie del Veneto, affinché possano condividere e ottimizzare le risorse umane e finanziarie disponibili, mettendo a disposizione delle imprese saperi ed eccellenze che altri ci invi diano.
Il Veneto ha il bisogno e il dovere di fare sistema. E alcune scadenze, come l'Expo di Milano o la candidatura di Venezia alle Olimpiadi del 2020, possono servire proprio a questo: ad accelerare l'impegno verso la realizzazione di un sistema di opere infrastrutturali, dalla TAV al nuovo terminal aeroportuale di Venezia, che oggi sono solo sulla carta, ma che un domani daranno concretezza all'obiettivo di una metropoli veneta protagonista dell'economia europea.
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