Il senatore, e professore, Valditara e il senatore , e professore, Treu ci spiegano a che punto è la legge sui nuovi atenei e in che cosa può o deve essere migliorata


GIUSEPPE VALDITARA (senatore Pdl)
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TIZIANO TREU (senatore Pd)
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Dopo due mesi di dibattito e trenta audizioni l'esame della riforma dell'università entra nel vivo. Che giudizio dà del Ddl Gelmini?
È indubbio che il provvedimento abbia dei meriti importanti. Uno su tutti quello di aver inserito il principio della responsabilità accanto all'autonomia. Pur condividendone le linee fondamentali devo riconoscere che il testo, in alcuni passaggi, purtroppo tradisce questo binomio autonomia-responsabilità. Finendo per essere troppo poco liberale.

Intervenendo in commissione come partito democratico abbiamo detto che nel testo ci sono alcune disposizioni che, lavorandoci su, si potrebbero anche ritenere potabili. Ma al tempo stesso, come ha riconosciuto lo stesso relatore Valditara, ci sono degli aspetti da correggere totalmente.
Quali sono gli aspetti da modificare?
Il difetto principale del Ddl è che risente di una logica emergenziale. Si è abusato un po' troppo di dirigismo e di controllo. E il dirigismo non favorisce la responsabilità. Penso a tutte le prescrizioni che regolano i concorsi locali. Il testo si perde in minuziosi dettagli che rischiano di allungare le procedure di chiamata, di indebolire la possibilità di una sana concorrenza fra modelli di selezione, di dare vita a ricorsi a non finire. Credo che compito dello Stato, secondo una concezione moderna e autenticamente liberale, sia solo quello di fissare i requisiti minimi per garantire la serietà delle procedure, valutando poi a valle e quindi eventualmente sanzionando i risultati.

Penso al meccanismo dei concorsi che rischia di penalizzare proprio i più giovani. Il percorso degli accessi è così intricato e con così tanti controlli che sembra favorire gli anziani e addirittura escludere la possibilità di effettuare chiamate per trasferimento. Essere così dirigisti, e penso anche alla riforma della governance, non ha senso. Non si possono fissare le stesse regole per il politecnico di Milano e agraria a Piacenza, per restare a due realtà che conosco bene. Basterebbe dare due-tre indicazioni base e lasciare spazio all'autonomia.
Da docente universitario cosa pensa del tetto di 1.500 ore annue per l'attività di insegnamento e di ricerca dei professori?
Direi che una cosa è l'attività didattica e, quindi, insegnamento, ricevimento degli studenti, sedute di lauree, seminari. Su questo si può pensare a degli strumenti che certifichino l'attività svolta. Magari evitando che sia il Consiglio universitario nazionale a giudicare sugli inadempimenti dei professori perché queste forme di giurisdizione domestica sul modello del Consiglio superiore della magistratura spesso si risolvono solo in un'autotutela. Altra cosa però è la ricerca. Come si fa a giudicarla in base al numero di ore svolte e non alla qualità?

Lo trovo grottesco perché 1.500 ore le fanno solo i metalmeccanici. E, con tutto il rispetto per i metalmeccanici, trovo ridicolo metterci dentro anche la ricerca. Solo un burocrate ossessionato poteva prendere una decisione del genere. Piuttosto, per premiare il merito, ci vuole una quota di risorse gestita direttamente dagli atenei. Una sorta di integrativo che permetta di valorizzare solo i più meritevoli.
Entro la prossima settimana andranno depositati gli emendamenti. Ci sono margini per un dialogo proficuo tra maggioranza e opposizione?
Anche se in commissione c'è stato finora un clima di grande collaborazione il rapporto con l'opposizione rimane un punto di domanda. Di sicuro da parte dei colleghi di maggioranza c'è una forte volontà di rivalutare il ruolo del parlamento proprio in vista di una riforma cruciale come questa.Anche se non ho seguito interamente il dibattito, per quel che ho visto in commissione c'è stato un dialogo costruttivo. Alcune idee di fondo si sono rivelate comuni. Però ora bisogna verificare che si traducano in modifiche concordate.

 

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