La parolaccia del politico non fa più clamore? Può avere un valore, appunto, politico? I giornali americani hanno colto la manifestazione di giubilo del vicepresidente Joe Biden come una manna dal cielo per sbizzarrirsi sulla caduta di costume nel mondo politico. Per la cronaca, il braccio destro di Barack Obama si è lasciato sfuggire un «This is a big fucking deal» (Questa è una cosa fottutamente importante) per commentare l'approvazione della riforma sanitaria.

Ma se un'espressione gergale - e niente affatto offensiva - ha creato scandalo perché pronunciata nella East Room della Casa Bianca, ben altro impatto avrebbe avuto in Italia. Dove, da tempo, il linguaggio scurrile è entrato nel dizionario politico. Certo, sono lontani i tempi in cui ci si scandalizzava delle "bischerate" tanto ricorrenti nelle parole di Amintore Fanfani. Che, in realtà, non erano offese, visto che a fine carriera diceva di se stesso: "Chi nasce bischero, bischero lo sarà sempre".

Poi sono arrivati i salotti televisivi e i politici si sono adeguati al linguaggio imperante nelle corride che vanno in scena a tutte le ore sul piccolo scherme. È rimasta agli annali la dichiarazione di Silvio Berlusconi, che il 4 aprile 2006, a conclusione della campagna elettorale, si lasciò andare a una riflessione colorita: «Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse».

Il frequente ricorso alle parolacce è addirittura un tratto distintivo di Vittorio Sgarbi, in questo video protagonista di un acceso battibecco con Marco Pannella.

Non se le sono mandate a dire nel 2006 nemmeno Luxuria e Alessandra Mussolini, protagonisti a Porta a Porta di un inglorioso scontro a colpi di «fascista» e «frocio».

Lo scorso anno il presidente della Camera Gianfranco Fini è finito su tutte le prime pagine dopo aver definito, nel corso di un incontro con ragazzini immigrati, «Stronzi» tutti coloro che li bollano come «Diversi».

Registrando, a stretto giro di posta, una risposta in tema dal ministro della Semplificazione Roberto Calderoli: «Stronzo chi li illude» . Un florilegio di epiteti da far sembrare ormai sbiadite le rivendicazioni machiste di Umberto Bossi ai tempi de «La Lega ce l'ha duro».

Non che all'estero manchino episodi simili, ma quanto meno sono differenti le reazioni. Due anni fa Patrick Devedjian, segretario generale aggiunto dell' Ump (il partito del presidente francese Nicolas Sarkozy) apostrofò con un inelegante «Salope» (Puttana) la sua ex collega Anne-Marie Comparini, rea di essere passata all'Udf del centrista Francois Bayrou. Ma poi fu costretto dallo stesso presidente a scusarsi.

Mentre l'Observer ha parlato di pressioni da parte di Tony Blair sul suo ex portavoce Alastair per censurare il libro in uscito nel quale l'ex premier veniva disegnato come aduso a frequenti espressioni colorite in passato. Segno che altrove il linguaggio scurrile è ancora sanzionato dall'opinione pubblica anche quando hanno terminato la carica politica.

 

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