«Sono un uomo oggi più che mai solo» e «chiedo perdono a chi per questa causa ha sofferto senza colpa». Lo ha affermato l'ex patron di Parmalat, Calisto Tanzi, rendendo dichiarazioni spontanee nel processo milanese d'appello per il crac del gruppo di Collecchio, al tribunale di Milano, dal quale è stato condannato in primo grado a 10 anni di carcere per aggiotaggio sui titoli del gruppo. Tanzi ha spiegato inoltre di essere «schiacciato da una vicenda enorme, ma ancora tenacemente aggrappato ad una fede ed alla speranza».

«Parmalat non è stata una grande truffa»
«Io continuo a rivendicare che Parmalat non fosse una grande truffa». Lo ha sostenuto l'ex patron del gruppo alimentare, Calisto Tanzi, in un passaggio delle sue dichiarazioni spontanee rese durante il processo d'appello al tribunale di Milano, dal quale è stato condannato in primo grado a 10 anni di carcere per aggiotaggio sui titoli del gruppo. «I grandi signori della finanza e dell'organizzazione aziendale ci hanno additato come modello prima per poi demonizzarci come truffatori poi», ha aggiunto Tanzi, il quale ha respinto l'accusa di essere stato preso da «delirio di onnipotenza», come indicato nelle motivazioni di primo grado della sentenza che lo ha condannato. «Il delirio di onnipotenza era in chi detiene e orienta immani fiumi di denaro quasi con spirito di gioco e che ci ha spinto sempre in avanti in una forsennata corsa nella quale tutto era permesse in nome del frazionamento del rischio, del paraocchi nel non voler programmaticamente vedere e sentire quel che accadeva pochi centimetri oltre».

«Mi sono assunto e mi assumo ogni responsabilità»
Pur affrontando chiaramente la questione della responsabilità delle banche, Calisto Tanzi non ha nascosto le proprie: «La storia di Parmalat è indissolubilmente legata alla mia persona e di questo mi sono assunto e mi assumo ogni responsabilità». E ancora, ha aggiunto Tanzi: «Io ammetto oggi con estrema umiltà di avere fatto errori. Ammetto di essere stato fuorviato dall'idea di espansione, della forza del marchio, dei prodotti, della mia gente, dei miei lavoratori, che mi hanno sempre considerato con affetto e con grande dedizione». È stata questa situazione, ha proseguito l'ex numero uno del gruppo alimentare, che «mi ha spinto a credere che tutto fosse possibile, che fosse una questione di un ulteriore sforzo in più, di un ultimo miglio da percorrere».

«La banche avevano garantito la piena sostenibilità del sistema»
Non sono mancati altri riferimenti alle banche. Tanzi, infatti, ha ricordato che la circostanza «che il gruppo fosse un incessante divoratore di finanza lo sapeva con assoluta precisione chi questa finanza forniva a piene mani, condita con approfonditi (o non so quanto approfonditi, ma sicuramente interessati) studi che dimostravano - a dir loro - la piena sostenibilità del sistema». Senza contare, ha precisato Tanzi che «quello che sicuramente è di rilievo e che mi ha sempre fuorviato è che vi fosse una vera e propria coda di finanziatori davanti alla porta del suo ufficio (riferendosi a quello di Fausto Tonna, ex direttore finanziario del gruppo, ndr) in attesa al suo telefono».

«Spinto a credere che tutto fosse possibile»
Tanzi ha voluto «ribadire con fermezza che soltanto la consapevolezza che mi derivava dagli elementi» di conoscenza «da parte degli istituti di credito delle reali condizioni finanziarie del gruppo Parmalat, mi ha indotto a continuare in un'attività, commettendo un errore di valutazione». L'imprenditore ha aggiunto che invece sarebbe servito «un decisivo intervento di ripianamento». E ha proseguito ammettendo «di essere stato fuorviato dall'idea dell'espansione» e «spinto a credere che tutto fosse possibile».

«Non posso avere partorito da solo un default di miliardi»
Poi, rivolto ai giudici, ha detto: «Ma non attribuitemi certo la capacità da solo di partorire un default di miliardi di euro, per effetto di un'occhiata di mezz'ora qualche volta all'anno a quattro dati ed all'invito a migliorare i risultati». L'imprenditore si è definito un «testardo ottimista che ha cercato di insufflare vitalità» ma incapace di «elaborare strumenti e risposte tecnicamente raffinate sotto il profilo decisionale e finanziario». In particolare, Tanzi ha spiegato di essersi occupato in maniera prevalente dei «prodotti» e del «marketing» e delle «relazioni con l'esterno».

 

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