Un'ora e mezza a porte chiuse dissertando di riforme istituzionali. A cominciare dal tema più ricorrente nel dibattito degli ultimi giorni: quel semipresidenzialismo alla francese che, per il presidente della Camera, non si può portare avanti senza una parallela modifica della legge elettorale.

Così, davanti agli studenti del liceo classico Giulio Cesare di Roma, alcuni dei quali non hanno mancato di contestarlo prima del suo arrivo, Gianfranco Fini è tornato ancora sulla revisione della forma di governo spingendosi però più avanti. Non è detto, è il succo del suo ragionamento, che l'Italia debba per forza ispirarsi a un modello istituzionale straniero, ma potrebbe inventarne uno tutto proprio. Tanto più che sul modello francese, le distanze tra Fini e il Pdl, Berlusconi in testa, sembrano per ora non superabili visto che il premier continua a dirsi contrario al doppio turno.

«Non so - ha detto Fini – se il modello francese sia il migliore per il nostro Paese potremmo anche dar vita a un sistema tutto italiano». Di là delle scelte – che ha ampiamente illustrato agli studenti con un excursus sui diversi modelli di presidenzialismo e semipresidenzialismo oggi in vigore – «dobbiamo stare attenti - ha aggiunto – al principio che dobbiamo garantire». Perché una democrazia, rimarca Fini, «risponde a due fattori, quello rappresentativo e quello governativo». Dunque, laddove si optasse per una modifica in tale direzione, è necessario adottare tutte le cautele per garantire un bilanciamento dei poteri. Sicuramente, ha sottolineato ancora Fini, «venuto il momento di archiviare il bicameralismo perfetto». Vero è, ha aggiunto il cofondatore del Pdl, che «è opportuno ma non indispensabile che una riforma così importante come quella del sistema istituzionale italiano sia condivisa da un numero il più ampio possibile delle forze politiche». Si può quindi andare avanti anche a maggioranza sebbene la strada della condivisione sia auspicabile.

Poi un'annotazione sulla riforma della giustizia per rispondere alla domanda di uno studente che gli chiede cosa ne pensa della possibilità che i pm finiscano sotto il controllo dell'esecutivo. «Io sono per la separazione delle carriere dei magistrati – è la replica di Fini –, ma senza che i pm siano alle dipendenze dell'esecutivo». Un altro chiaro distinguo rispetto ai desiderata del Cavaliere.

 

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