«Sono molto tranquillo sull'apporto che la Lega darà alle riforme. Sulla giustizia, è sempre stata un alleato granitico. Anzi, su alcuni temi ha avuto posizioni persino più avanzate del Pdl».
Niccolò Ghedini, avvocato nonché consigliere giuridico del premier, è arrivato ad Arcore lunedì sera, alla vigilia del faccia a faccia tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi. Ieri, dalle colonne del Corriere della sera, il ministro dell'Interno Roberto Maroni aveva sfoggiato un'inedita determinazione nel sostenere le riforme della giustizia, dalla separazione delle carriere all'eliminazione dell'obbligatorietà dell'azione penale, dalla stretta sulle intercettazioni allo sdoppiamento del Csm. «L'ho soltanto scorsa», assicura Ghedini, ammettendo tuttavia che le parole di Maroni vanno persino «oltre» le sue posizioni.

Sembra che la Lega abbia abbandonato la cautela del passato sulla giustizia. Questo vi rassicura?
Personalmente non ho mai avuto preoccupazioni sulla Lega. Sia con Castelli, quand'era ministro della Giustizia, sia dopo, in tutte le consultazioni che abbiamo avuto, la Lega si è dimostrata un alleato granitico sulla giustizia e su alcuni argomenti ha avuto posizioni persino più avanzate del Pdl. Quindi, sono molto tranquillo sull'apporto che daranno alle riforme della giustizia.

Dopo le elezioni, però, sembra che la Lega voglia pesare di più: alla Camera sta già facendo le pulci ai ddl "svuotacarceri" del governo («messa alla prova» degli imputati di reati fino a 3 anni e «detenzione domiciliare» per i detenuti con un anno di pena residua).
Non ne so nulla. Ma ritengo che la «messa alla prova» sia un fortissimo strumento di prevenzione criminale, che ha funzionato benissimo con i minorenni e che funzionerebbe altrettanto bene con i maggiorenni.

Intercettazioni: si discute se modificare uno dei presupposti per autorizzarle, gli «evidenti indizi di colpevolezza». Alfano dice che il governo «non s'impiccherà a un aggettivo» (evidenti) ma il vice presidente del Csm Mancino ricorda che il problema è il sostantivo (colpevolezza, invece di reato). Secondo lei?
Io non ho particolari preclusioni. Ricordo solo che la nostra riforma iniziale era molto diversa da quella uscita dalla Camera e ora al Senato, frutto di una lunga discussione parlamentare. Nessuno di noi si vuole ammazzare per difendere quel testo. Ma al di là di aggettivi o sostantivi, i punti nodali sono i divieti di pubblicazione e il controllo sulla motivazione del giudice che autorizza gli ascolti. Bisogna evitare gli abusi dei magistrati, che da anni, al di là di come sono scritte le leggi, le interpretano come vogliono.

Il 12 aprile riprende il processo Mills in cui è imputato Berlusconi. Entro il 10, il capo della stato deve decidere se firmare il «legittimo impedimento». Lei che si aspetta?
Mi aspetto che la legge entri in vigore. Non mi aspetto indicazioni negative dal Quirinale. Ma il presidente della Repubblica è sovrano, quindi vedremo.

Se la legge sarà rinviata alle Camere, la cambierete anche se non c'è l'obbligo di farlo?
È ovvio che le indicazioni hanno un peso politico importante. Ma, ripeto, a me non pare ci siano evidenti problemi di incostituzionalità, tali da impedire la firma.

Tra i punti critici della legge, oltre all'automatismo, c'è anche il divieto di assumere, durante la sospensione del processo, le prove urgenti. Neppure il Lodo Alfano prevedeva questo divieto.
A me pare che la legge vada bene, anche su questo punto, e non mi aspetto che torni indietro. In caso contrario, valuteremo.

 

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