Due articoli – uno per i processi futuri, l'altro per quelli in corso – più un terzo sull'entrata in vigore della legge «il giorno successivo» alla pubblicazione in Gazzetta ufficiale. Eccolo il testo del pluriannunciato lodo Alfano bis, che bloccherà i magistrati sulla soglia del rinvio a giudizio, costringendoli a chiedere «immediatamente» il via libera di Camera o Senato per processare il capo dello stato, il presidente del consiglio e i ministri, imputati di reati comuni. Lo scudo processuale che porta il nome del ministro Alfano dovrebbe essere presentato al senato dal capogruppo e dal vicecapogruppo Pdl, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello (insieme ad altri senatori) oggi o nei prossimi giorni; ma ieri la bozza messa a punto a via Arenula era comunque approdata a palazzo Madama nella forma di «disegno di legge costituzionale» sulla sospensione del processo nei confronti delle alte cariche dello Stato e, salvo qualche ulteriore ritocco, i contenuti confermano le anticipazioni del Sole 24 Ore del 16 aprile scorso.
Il lodo Alfano bis si materializza, dunque, dopo sei mesi dalla bocciatura del primo lodo da parte della Corte costituzionale e dopo quasi un mese dall'approvazione della cosiddetta «legge ponte» sul «legittimo impedimento», nel frattempo già spedita a palazzo della Consulta dal Tribunale di Milano. Rinvii dettati da varie ragioni, tecniche e politiche. Ora il testo è nelle mani di Silvio Berlusconi che, prima di presentarlo, vorrebbe farlo vedere personalmente a Umberto Bossi e magari anche a Gianfranco Fini. Dai leghisti ha già avuto il via libera, ma il rapporto con il leader del Carroccio merita comunque una particolare attenzione, ragiona il cavaliere. Quanto al presidente della camera, lo stesso Fini, ieri, ha rassicurato Berlusconi ricordando di non aver mai fatto dichiarazioni contro il lodo Alfano. Dall'opposizione arrivano, per ora, le «perplessità» dell'Udc per l'estensione dello scudo ai ministri; l'ironia del Pd per «la prima riforma che approda in parlamento dopo le dichiarazioni del premier»; la stroncatura dell'Idv, perché «costringe» le camere ad occuparsi di «leggi ad personam mentre ci sono cittadini che non riescono ad arrivare a fine mese». Tacciono i magistrati, ma il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, dice: «Era l'ora!», perché se il lodo costituzionale fosse arrivato prima, si sarebbero evitate molte polemiche.
La bozza conferma l'estensione dello scudo ai ministri (già finiti nella legge sul «legittimo impedimento») e l'esclusione, invece, dei presidenti di camera e senato (per evitare disparità di trattamento con gli altri parlamentari). L'articolo 1 stabilisce che, «quando l'autorità giudiziaria esercita l'azione penale» nei confronti del capo dello stato, del premier e dei ministri, «ne dà immediata comunicazione alla camera di appartenenza o al senato (per i ministri non deputati e per il capo dello Stato, ndr), trasmettendo gli atti del procedimento». Dunque, il pm non può chiedere il rinvio a giudizio senza il via libera del parlamento. Che dovrà decidere «entro 90 giorni dalla comunicazione» (durante i quali il procedimento si ferma). Se sospende il processo, lo stop dura «per tutta la durata della carica o della funzione» e blocca la prescrizione; il giudice, però, può assumere le prove urgenti «non rinviabili»; come nel lodo Alfano, la parte civile potrà trasferire l'azione in sede civile e avrà una corsia privilegiata.
L'articolo 2 disciplina i processi in corso, imponendo al giudice di comunicare «immediatamente» alla Camera o al Senato gli atti del processo. E da quel momento, il processo si ferma.

 

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