L'inchiesta sugli appalti del G-8 rischia di arenarsi. La procura di Perugia si è vista negare dal giudice delle indagini preliminari tre richieste di nuovi arresti, a carico del commercialista Stefano Gazzani, l'architetto Angelo Zampolini e l'ex commissario dei mondiali di nuoto Claudio Rinaldi, accusati di associazione per delinquere finalizzata al
riciclaggio e corruzione.

Ma a mettere in forse tutto il sistema d'indagine messo in piedi è stata soprattutto la decisione del gip di sostenere, nelle motivazioni che respingono l'istanza di fermo, che la competenza non è degli uffici giudiziari di Perugia, poichè i presunti comportamenti illeciti sarebbero stati commessi a Roma. Di conseguenza, il giudice ha rimesso gli atti al pubblico ministero per valutare la necessità di trasmetterli agli uffici giudiziari della capitale. Ora toccherà al tribunale del riesame valutare il ricorso presentato dai pm contro la decisione di respingere le istanze d'arresto. Mentre sulla competenza i pubblici ministeri sostengono che deve essere Perugia a decidere, poiché nell'indagine è coinvolto il procuratore aggiunto di Roma, Achille Toro.

Va ricordato che l'inchiesta-madre nasce alla procura di Firenze con il lavoro del Ros (Raggruppamento operativo speciale dei carabinieri). Finisce sotto accusa il responsabile della Protezione civile, Guido Bertolaso, mentre vanno in carcere funzionari e dirigenti dei lavori pubblici: Angelo Balducci, Mauro della Giovanpaola e Fabio De Santis, oltre all'imprenditore Diego Anemone. Poi viene coinvolto anche il procuratore aggiunto Toro e, come accade ogni volta che un'inchiesta giudiziaria riguarda un magistrato romano, tutti i fascicoli passano a Perugia. Adesso il timore dei pubblici ministeri è che un pezzo dell'inchiesta ritorni a Roma rischiando tutta l'indagine di disperdersi e affondare.

Intanto il ministro dell'Economia, Claudio Scajola, ha detto di essere «amareggiato e disgustato» dalle ultime indiscrezioni pubblicate sulla stampa sull'acquisto di un appartamento vicino al Colosseo per la figlia. Una casa che sarebbe stata acquistata da Zampolini con assegni circolari del conto di Anemone: l'imprenditore gli avrebbe chiesto di trovare immobili per la figlia di Scajola e il figlio di Angelo Balducci. L'appartamento al Colosseo è stato pagato al prezzo di 610 milioni: una cifra troppo bassa. Scajola però ha sottolineato che «l'unico immobile che la mia famiglia possiede in Roma, ove abito, è stato acquistato con regolare contratto ed è stato pagato, per la quasi totalità dell'importo, con un mutuo».

 

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