Non ci sono le necessarie garanzie. Per questo motivo l'ex ministro Claudio Scajola non andrà a testimoniare davanti ai magistrati di Perugia che indagano sui grandi eventi. Per il suo legale, Giorgio Perroni, è evidente che, dopo le notizie sull'inchiesta apparse sulla stampa, Scajola verrebbe sentito «in una veste che parrebbe ormai solo formalmente, ma non già sostanzialmente, quella di persona informata sui fatti». Per questo la convocazione viene considerata «scorretta». Non solo.

Per Perroni la procura umbra non è competente dal momento che «i fatti sono tutti, pacificamente, avvenuti a Roma» e la competenza a giudicare Scajola è del tribunale dei ministri. I fatti sono quelli noti: l'acquisto, il 6 luglio del 2004, dell'appartamento con vista sul Colosseo. Pagato da Scajola, secondo i pm, per oltre la metà con i soldi del costruttore Diego Anemone.

In attesa di sapere quale sarà la decisione del tribunale del riesame, che dovrà stabilire se sarà Roma o Perugia a indagare sulle compravendite di case per politici e alti funzionari, avvenute con soldi di Anemone secondo i pm (ma il costruttore nega), la decisione di Scajola innesca la polemica politica. Per il leader dell'Idv, Antonio di Pietro, l'ex ministro non andrà a testimoniare perché sa di essere indagato, mentre la capogruppo del Pd nella commissione Giustizia della Camera, Donatella Ferranti, definisce «grave e avvilente» la decisione di Scajola.

Nel frattempo l'indagine va avanti. Domani sarà fissata la nuova udienza in cui il gip di Perugia esaminerà la richiesta di commissariamento delle aziende del gruppo di Anemone. Su cui proseguono gli accertamenti. Finora gli inquirenti hanno stabilito che, negli ultimi sette anni, il costruttore ha ottenuto solo a Roma appalti per 100 milioni e che, in almeno cinque circostanze, i soldi dell'imprenditore sono stati utilizzati per acquistare appartamenti destinati a personaggi influenti: Scajola, il generale della GdF Francesco Pittorru, Lorenzo Balducci, figlio dell'ex presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici Angelo, Ercole Incalza, capo della struttura tecnica di missione del ministero delle Infrastrutture con l'attuale ministro, Altero Matteoli, e funzionario con il predecessore, Pietro Lunardi. «È una vicenda che mi lascia assolutamente tranquillo» ha commentato ieri Incalza. Di certo, il giro di denaro movimentato finora da Anemone non è stato ancora quantificato appieno. Sotto la lente degli inquirenti c'è un'altra operazione: quella effettuata il 27 e 28 novembre 2003, quando Zampolini versò in contanti, su un suo conto, 200mila e 100mila euro. Operazione collegata, secondo i pm, con l'emissione, il 26 novembre a Merano, di un assegno da 350mila euro all'ordine di Schlandeserser Bau Gmbh srl. Una caparra per alcuni immobili in Piazza della Pigna, a Roma, ha precisato ieri il rappresentate della società, l'immobiliarista altoatesino Peter Paul Poh.
Gli inquirenti indagano poi su una lunga lista di nomi contenuti in un computer sequestrato al costruttore lo scorso anno, circa 300 persone. C'è di tutto: case e appalti di politici, attori, manager, vertici ed esponenti delle forze dell'ordine, ma anche figli e mogli di vip. Ristrutturazioni fatte da Anemone dal 2003 al 2008, che comprendono ristrutturazioni private e lavori pubblici. È un documento inedito dell'inchiesta di Perugia: una lista su cui sta lavorando la Guardia di Finanza per scremare e riscontrare appalti, possibili favori ma anche, com'è probabile – e in alcuni casi già accertato – lavori in regola. Una massa comunque imponente di attività che testimonia l'assoluto strapotere di Anemone negli appalti pubblici. Ma è anche una lista che contiene molti nomi, troppi: col rischio di vanificare il lavoro dei magistrati, per lo strascico di polemiche che potrebbe sollevare coinvolgendo anche persone non solo non indagate, ma con le carte a posto.

I nomi, dunque. Guido Bertolaso compare quattro volte nelle commesse, di cui una fattura con due indirizzi privati, uno in centro storico o un altro ai Parioli. C'è poi il generale della GdF Francesco Pittorru, caporeparto logistico all'Aisi, che compare tre volte. Scajola ha dato almeno tre volte commesse ad Anemone secondo la lista scovata dalla Finanza. Claudio Rinaldi, indagato dalla procura di Perugia, si ritrova con tre commesse all'imprenditore romano. Mauro Della Giovampaola, dirigente dei Lavori Pubblici, si ritrova con due fatture relative.
Ma le ristrutturazioni riguardano anche nomi della politica e non solo. Come il vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, o l'ex sottosegretario alla Giustizia, Michele Vietti (Udc). Si ritrova il nome di Giancarlo Leone, dirigente Rai, e di Marco Zanichelli, presidente di Trenitalia. Va precisato, però, che in questi ultimi casi, a differenza di Bertolaso o Della Giovampaola, non si tratta di indagati. Come non lo sono affatto i numerosi alti esponenti delle forze dell'ordine che ci sarebbero nella lista. Nel documento compare monsignor Camaldo, cerimoniere del Papa, già emerso agli atti dell'inchiesta. Il regista Pupi Avati (che ha subito smentito di aver mai ricevuto regali da Anemone) e l'attore e produttore Andrea Occhipinti, già citato nelle cronache giudiziarie del G-8. Spunta anche il nome di "Elisa Claps, Potenza": tutto farebbe pensare, ma non ci sono ancora riscontri, alla giovane donna morta e scomparsa, di cui è stato ritrovato di recente il cadavere in una chiesa del capoluogo lucano. Un mistero nel mistero. Ci sono poi molti lavori effettuati, come era già emerso, presso diversi ministeri. Ma salta all'occhio, in particolare, la voce «Palazzo Chigi–letto» e «Palazzo Chigi-cucina». E poi: appalti al Viminale, il centro Sisde a Piazza Zama, lavori nelle carceri.

Le dimissioni di Scajola. Berlusconi prende l'interim
Scajola prima dai pm poi in aula

 

Shopping24