Il regime ha terrorizzato la popolazione imponendo il sì al referendum che dà il via libera a una Costituzione fatta su misura per consegnare definitivamente il Paese ai generali. Altri due voli umanitari delle Nazioni Unite sequestrati dalla giunta

In Myanmar, la ex Birmania, si è votatoper il referendum sulla nuova Costituzione voluto dalla giunta militare, nonostante gli appelli internazionali che chiedevano un rinvio per l'emergenza causata dal ciclone Nargis, che ha provocato, secondo le Nazioni Unite, fino a 100 mila morti. L'ultima volta che si era andati alle urne nel Myanmar correva l'anno 1990. Allora i generali avevano ignorato il volere della maggioranza che all'80% aveva scelto La Lega Nazionale per la Democrazia, il partito d'opposizione guidato dal premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, la pasionaria birmana ridotta al silenzio e di fatto in stato di prigionia (agli arresti domiciliari) da tre lustri.

In serata il "sì" alla nuova costituzione sembrava avere vinto nettamente. Lo hanno annunciato testimoni e funzionari locali che hanno assistito allo spoglio dei voti. L'80-90% dei suffragi sarebbe a favore del nuovo testo costituzionale che i critici della giunta considerano anti-democratico. Altri testimoni hanno segnalato numerosi casi di evidenti intimidazioni in diversi seggi elettorali: non è mancato l'ordine di imprimere le impronte digitali sulle schede. I risultati non saranno annunciati fino a quando non si voterà, il 24 maggio, anche nelle zone colpite dal ciclone.

Il referendum, infatti, è stato rinviato di due settimane solo nella regione del delta di Irrawaddy e nella capitale Yangon (ex Rangoon), le aree più colpite dal cataclisma che si è abbattuto su un Paese già stremato dalla repressione brutale di un regime sanguinario che detta legge da mezzo secolo ed ha azzerato ogni diritto civile. Basti pensare a come è finito il tentativo di protesta dello scorso settembre: da quei giorni in cui si parlò di "rivoluzione zafferano" migliaia di monaci buddhisti e oppositori del regime sono stati incarcerati e torturati nonostante i tentativi di mediazione degli organismi internazionali.

La tv di Stato nei giorni scorsi ha lanciato imperiosi "inviti" alla popolazione ad andare a votare, tacendo del milione e mezzo di senzatetto. «Chi ha a cuore il benessere nazionale deve andare e votare sì», ha ripetuto per ore una scritta in sovrimpressione durante i programmi della Mrtv. Il quotidiano governativo "Nuova Luce del Myanmar" è stato ancora più esplicito: «Approvare la Costituzione è un dovere nazionale dell'intero popolo», ha scritto il quotidiano di regime. Ancora prima del ciclone, gli Usa e numerosi Paesi avevano denunciato il referendum come un tentativo della giunta di legittimare 46 anni di dittatura. Per le autorità dell'ex risaia del Sud Est asiatico si tratta invece del primo passo di una «roadmap per la democrazia» che dovrebbe culminare nelle elezioni multipartitiche previste per il 2010.

Intanto il Programma alimentare mondiale (Pam) delle Nazioni Unite ha ripreso i voli per consegnare gli aiuti umanitari nonostante i contrasti non risolti con i generali. «Di fronte alla crisi umanitaria siamo costretti ad andare avanti», ha riferito il portavoce del Pam, Marcus Prior, da Bangkok. I militari al governo nella ex Birmania avevano requisito ieri circa 40 tonnellate di alimenti del Pam, rivendicandone il diritto alla distribuzione; per questo l'agenzia delle Nazioni Unite aveva minacciato la sospensione dei voli.

«Abbiamo preso l'impegno con i donatori - aveva spiegato Prior - dobbiamo assicurarci che gli aiuti arrivino alle persone che realmente ne hanno bisogno». Tuttavia in serata è stato reso noto che la giunta birmana ha confiscato altri due carichi di aiuti delle Nazioni unite arrivati via aereo e destinati alle vittime del ciclone Nargis. «La situazione dei nuovi arrivi è simile a quella degli altri due«, ha dichiarato un portavoce del Pam a Bangkok, Marcus Prior. Intanto, mentre la stima delle Nazioni Unite oscilla tra i 63 mila e i 100 mila morti per il ciclone Nargis, le organizzazioni umanitarie temono ora i devastanti effetti di epidemie di colera e difterite.

 

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