DUBAI - La Banca centrale degli Emirati arabi uniti interverrà per garantire agli istituti di credito la liquidità necessaria per far fronte all'indebitamento di Dubai. Dopo tre giorni di silenzio, alla vigilia della riapertura delle Borse nei Paesi del Golfo, finalmente le istituzioni degli Emirati sono uscite allo scoperto. Accesso facilitato alle linee di credito e una «liquidità addizionale» per i conti delle banche presso l'istituto di emissione sono le prime due misure concrete per evitare il rischio di default di Dubai. Non si tratta di un aiuto diretto al colosso Dubai World, che mercoledì scorso ha chiesto una moratoria di sei mesi per i suoi 59 miliardi di dollari di debito, ma di un provvedimento che punta a non far mancare liquidità al sistema bancario e a scongiurare il panico dei risparmiatori, con le conseguenti corse al ritiro dei depositi.
Gli occhi sono tutti puntati ora sulla Borsa di Dubai ma anche su quella di Abu Dhabi, le cui banche detengono il 30% dei debiti dell'emirato vicino. Gli analisti attndono una seduta di fuoco, con un calo che potrebbe contagiarsi alle altre Borse del Medio Oriente. Gli effetti della richiesta di moratoria dei debiti di Dubai World, infatti, si sono scatenati finora solo lontano da qui, sui mercati asiatici, europei e americani. Ma non a Dubai e Abu Dhabi. Non nel Golfo Persico. Non nel Medio Oriente. Solo domani si saprà se il ciclone ha esaurito la sua forza o se invece si abbatterà senza pietà qui dove è nato, scatenando una reazione a catena in tutto il mondo arabo.
La banca centrale ha fatto sapere oggi che «il sistema bancario degli Emirati arabi uniti è più solido e liquido di quanto non fosse un anno fa», ma i creditori di Dubai World si organizzano per far fronte alla richiesta di moratoria dei debiti. Secondo il quotidiano britannico "The Independent", la società di revisione Kpmg verrà incaricata dalle grandi banche come Rbs e Hsbc, che hanno prestato oltre 30 miliardi di dollari alle società di Dubai, di negoziare il recupero crediti con l'emirato. Tra le banche più esposte con Dubai ci sono anche Lloyds Banking Group e Standard Chartered. Kpmg riceverà formalmente l'incarico non appena le banche creditrici avranno creato un comitato con cinque o sei grandi istituti.
Ma il tempo stringe. Mancano solo due settimane alla scadenza del debito di 3,5 miliardi di dollari che Nakheel, la controllata di Dubai World, deve restituire ai suoi creditori. Si tratta di un bond sukuk, sottoscritto dalle banche islamiche della regione, e dunque foriero di conseguenze sui paesi vicini. Nakheel è il vero anello debole di tutto il sistema. Sommersa dai debiti, colpita dal blocco dei lavori di Palm Deira, l'isola artificiale più grande fra le tre progettate, il suo bilancio sarebbe un colabrodo, e potrebbe trascinare Dubai World all'inferno.
L'uomo che ha in mano i destini della grande conglomerata araba si chiama Aidan Birkett, senior manager della Deloitte, nominato mercoledì scorso "chief restructuring officer" della gigantesca holding di stato di Dubai. Ha un compito immane: cercare una soluzione per i 59 miliardi di debiti che Dubai World dovrà restituire nei prossimi anni. Fino al 2012 la tabella di marcia è impressionante: 3,8 miliardi quest'anno, 12,3 nel 2010, e poi altri 19 miliardi nel 2011. Infine 19 miliardi di dollari nel 2012.
Birkett, che lavora in stretto contatto con gli specialisti di Rothschild e di AlixPartners, ha di fronte a sé quattro opzioni, anche se al momento nessuno sa dire quale di queste sia la più plausibile. La prima è che Dubai World riesca in qualche modo a ripagare i bond in scadenza a dicembre. Ma senza una ciambella di salvataggio gli analisti internazionali non nutrono molte speranze che sia la soluzione più attuabile. La seconda opzione prevederebbe il pagamento alle banche e ai sottoscrittori del bond dell'80% del debito.
Se nessuo dei due scenari si verificasse, allora a Dubai World non resterebbe altro che dare corso alla moratoria, almeno fino al 30 maggio 2010, approfittando del congelamento per ridefinire le scadenze.
Ma c'è un quarto scenario, il peggiore, che Birkett non può escludere, ed è quello di avviare la vendita di alcuni asset di Dubai World. Sarebbe l'ipotesi meno favorevole per le conseguenze che creerebbe sul valore della società, ma comunque non può essere esclusa. L'opzione è stata finora scartata. Oggi una anonima fonte del governo ha rivelato che nei mesi scorsi, di fronte all'incalzare della crisi, Dubai World ha rifiutato di vendere i suoi asset a prezzi scontati, ma da domani tutto può accadere.
Il vero problema per i creditori è che i bond di Dubai World non sono garantiti dal governo. Nel prospetto informativo diffuso qualche mese fa c'è chiaramente scritto che "il governo di Dubai non ha obblighi legali rispetto all'indebitamento delle società controllate". Un bel guaio in caso di un eventuale default.

 

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