Un ruolo strategico
Quello dei gabinetti è un ruolo di massima importanza alla Commissione: chi ne fa parte prepara le decisioni politiche e le iniziative legali dei commissari, elabora i compromessi su tutti i dossier, compresi quelli sui quali il paese di appartenenza del commissario può avere forti interessi.
Rispetto all'inizio della Commissione in scadenza nel 2004, la presenza italiana non cambierà radicalmente, ma è evidente la difficoltà di mantenere le posizioni. I membri dei gabinetti previsti finora sono sei oltre ai membri del gabinetto del commissario all'industria Antonio Tajani, che sono quattro più il capo di gabinetto. Totale undici con la possibilità di arrivare a dodici se ci sarà un italiano nel gabinetto della commissaria bulgara. Nel 2004 erano otto più i membri del gabinetto Tajani. Allora nessun portavoce dei commissari era italiano, adesso ce ne saranno due (energia e giustizia/affari interni). I portavoce hanno una funzione importante, ma sono solo degli associati ai gabinetti, non decidono sui dossier. Quanto ai portafogli, i punti di forza questa volta sono le politiche regionali (sarà italiano il vicecapo di gabinetto), la presenza nel gabinetto Barroso, all'Antitrust e alle telecomunicazioni, posizioni considerate strategiche. Nel 2004 i punti di forza erano affari economici, politiche regionali, ambiente più una vicecapo di gabinetto alla strategia di comunicazione. Se il confronto viene fatto con la Commissione in scadenza, la presenza di italiani è in calo: attualmente ce ne sono nove più i membri del gabinetto Tajani. E' un fatto, però, che la presenza di italiani negli staff dei commissari tradizionalmente aumenta nel corso della ‘legislatura'.
La presenza degli italiani e il caso portoghese
Questi i nomi degli italiani che certamente cominceranno a lavorare dopo il 9 febbraio con i commissari europei: Nicola De Michelis (vicecapo alle politiche regionali), Veronica Manfredi (trasporti), Arianna Vannini (gabinetto Barroso), Maria-Elena Scoppio (fisco), Giuseppe Conte (tlc), Elisabetta Righini (antitrust). A questi si aggiungono i membri del gabinetto Tajani: il capo è Antonio Preto, poi ci sono Ruth Paserman, Mattia Pellegrini, Massimo Baldinato e Silvia Bartolini. I due portavoce: Michele Cercone (giustizia, affari interni) e Marlene Hoelzner (energia).
Quanto alla presenza delle altre nazionalità, stando a un documento interno rivelato dal sito EurActiv di solito ben informato sugli affari comunitari, nella lista attuale dei ‘gabinetti' ci sono 22 tedeschi, 20 francesi, 20 britannici, 14 portoghesi, 11 belgi, 10 spagnoli. Per i portoghesi si calcola che, se la cifra finale sarà confermata, la loro presenza in cima alla piramide sarebbe quattro volte superiore al peso effettivo del Portogallo nella Ue in termini di popolazione. E qui si capisce che avere o non avere la presidenza fa la differenza (si racconta pure che Barroso avrebbe voluto addirittura un portoghese in ogni gabinetto o quasi). Quanto ai portavoce al momento sono previsti sette britannici, quattro irlandesi, gli altri grandi paesi ne hanno due e due anche il Portogallo.
Tra i capi di gabinetto e i vicecapi, che danno il la all'attività del gabinetto, farebbe bingo la Gran Bretagna con cinque responsabili (affari esteri, sviluppo, fisco, allargamento, clima); poi dovrebbero esserci quattro capi tedeschi (capo gabinetto di Barroso, energia, affari interni e aiuti umanitari se sarà confermato) e sarebbero tedeschi almeno anche due vicapi di gabinetto (mercato interno e allargamento); due capi francesi (mercato interno e istruzione) e tre vice (affari economici, antitrust e affari interni); due capi di gabinetto belgi (commercio e ambiente); un capo italiano (industria, precedentemente era ai trasporti) più un vice alle politiche regionali; uno spagnolo (antitrust) più due vice (industria e tlc).
Perché l'Italia si riconferma sottorappresentata nelle istituzioni comunitarie? La ragione generale è di tipo politico-istituzionale: non c'è lavoro di squadra in assenza di un input che parte dalla capitale, l'Italia non agisce negli organismi internazionali ed europei come ‘sistema nazionale' al contrario degli altri grandi paesi. E' così da sempre (non si può non ricordare che nel giro di pochi mesi non sono passate ben tre candidature italiane nella Ue: Mario Mauro alla presidenza dell'Europarlamento, Massimo D'Alema alla carica di ‘ministro' degli esteri, Giulio Tremonti alla presidenza dell'Eurogruppo). Nelle ultime settimane Parigi, Londra, Berlino, Madrid si sono mosse con tutto il loro peso a livelli diversi, compresi singoli ministri, per far quadrare i loro ‘conti'. In questa occasione ha anche pesato il fatto che il commissario Tajani ha deciso di mantenere all'Industria lo stesso gabinetto che aveva ai Trasporti, cosa che ha reso impossibili gli ‘scambi' di membri di gabinetto con altri commissari.
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