Per l'Onu il disastro di Haiti è «il peggiore mai affrontato» nella sua storia, perché ha distrutto tutte le strutture locali dell'isola. A dirlo è la portavoce dell'Ufficio di coordinamento degli affari umanitari delle Nazioni Unite, Elisabeth Byrs.

Tutto il mondo continua a cercare i suoi morti e dispersi a Haiti dove si teme che il terremoto che ha devastato l'isola possa arrivare a registrare ben 200mila vittime, secondo le ultime allarmistiche stime del governo di Port au Prince.


Sabato verso sera una nuova scossa di assestamento è stata avvertita a Port-au-Prince, quattro giorni dopo il terremoto che ha devastato il Paese caraibico. Lo ha riferito l'istituto geologico americano. L'epicentro del sisma, di 4,5 gradi sulla scala Richter, è stato registrato a 25 chilometri dalla capitale e a una profondità di 10 chilometri.

«Non ci siano mai trovati di fronte un tale disastro a memoria dell'Onu. Non assomiglia a nessun altro» ha aggiunto Byrs, sottolineando che contrariamente allo tsunami del 2004 che aveva colpito l'Indonesia, restano scarsissime strutture locali ad Haiti che possano servire da supporto agli aiuti provenienti dall'estero. È per questo che le Nazioni Unite hanno definito l'impegno ad Haiti come una «enorme sfida logistica».

Bill Clinton e George Bush insieme gestiranno gli aiuti dell'America per la ricostruzione di Haiti. Lo ha annunciato Barack Obama, che insieme con i due ex presidenti ha deciso di convogliare tutti gli sforzi possibili per guidare Haiti verso la ripresa e la ricostruzione. «Uniti in questo modo i due - ha detto il presidente Barack Obama - hanno voluto mandare un chiaro e inequivocabile messaggio alla popolazione: in queste ore difficili l'America è unita al fianco della gente di Haiti e gli Usa faranno lo sforzo più grande della storia per aiutare l'isola nella ripresa e nella ricostruzione». «Bush e Clinton - ha detto Obama - aiuteranno gli americani a fare la loro parte perchè rispondere al disastro è un dovere di tutti noi». In concreto i due ex presidenti hanno lanciato il «Clinton-Bush-Haiti-Fund» e attraverso il sito Internet gli americani potranno dare il loro contributo al disastro

«Stiamo conducendo le più grandi operazioni di soccorso della nostra storia, per salvare vite umane e portare aiuti che eviteranno una catastrofe ancorapiù grave», ha spiegato il presidente, che è stato a colloquioper una mezz'ora con i due suoi predecessori nello Studio Ovale.

Port-au-Prince è una città fantasma: i cadaveri sono ovunque, mancano acqua, cibo, medicine, assistenza sanitaria, corrente elettrica. Gli ospedali, quelli rimasti parzialmente intatti, sono pieni e non accettano più feriti. E adesso si temono saccheggi, rivolte popolari ed epidemie. Oltre 15mila corpi senza vita sono stati ammassati e seppelliti; sono almeno 250mila i feriti, un milione e mezzo gli sfollati. Continua fortunatamente a salire, invece, il numero degli italiani rintracciati nell'isola dopo il devastante terremoto.

Venerdì è arrivata la conferma della prima vittima italiana - Gigliola Martino, 70 anni - mentre dal Cairo il ministro degli Esteri Frattini ha espresso la preoccupazione delle autorità per le sorti di tre connazionali, tra cui due funzionari delle Nazioni Unite, dei quali non si hanno più notizie. Secondo fonti del ministero degli Esteri, i connazionali contattati finora sono 176, mentre mancano all'appello 13 persone. La Farnesina ha riferito che l'Onu considera "dispersi" i due funzionari di nazionalità italiana, mentre il terzo connazionale di cui anche Frattini ha parlato risulterebbe sotto le macerie di un supermercato. La Farnesina ha pronto «un piano di evacuazione» che già nelle prossime ore potrà permettere a venti-trenta italiani che lo chiedono di «tornare in patria»: lo ha riferito il ministro degli Esteri, Franco Frattini, dal Cairo. Frattini ha inoltre annunciato che nel Paese caraibico è «imminente» l'apertura di una unità della Cooperazione per seguire la distribuzione degli aiuti destinati ai terremotati.

Dopo il panico e il dolore iniziale si sta facendo strada nella popolazione di Haiti un sentimento di rabbia e di frustrazione per la mancanza degli aiuti necessari. Per le strade di Port-au-Prince risuona l'eco dei primi spari e diversi testimoni riferiscono di saccheggi e razzie. In un video diffuso dalla France Presse si vede una rissa fra la popolazione all'arrivo di un elicottero che lancia a terra derrate alimentari e beni di prima necessità. «Se gli aiuti internazionali non arrivano in fretta - dice un sopravvissuto - la situazione peggiorerà rapidamente». «Abbiamo bisogno urgente di acqua e di cibo», spiega un altro haitiano di Port-au-Prince. E un altro ancora accusa: «Sentiamo alla radio che arrivano squadre di soccorso dall'estero, ma non vediamo niente». Un uomo, visibilmente furioso, brandisce un bastone gridando: «Vogliamo più medici e meno giornalisti».

Migliaia di haitiani sono in fuga da Port-au-Prince verso la Repubblica Domenicana per cercare di rifornirsi di cibo, acqua e merci. Al valico di frontiera di Malpaso si ammassano veicoli e persone. Intanto, l'Amministrazione Obama ha concesso lo status temporaneo di rifugiati a tutti gli immigrati clandestini haitiani che si trovino nel Paese, proteggendoli dall'espulsione e consentendo loro di lavorare negli Stati Uniti. Come riporta il quotidiano statunitense The New York Times, il provvedimento riguarderebbe almeno 100mila clandestini, così come altri 30mila di cui era già stata avviata la procedura di espulsione dal Paese: lo status temporaneo, valido per un periodo di 18 mesi, si applicherà tuttavia solo a quei cittadini haitiani che si trovavano negli Stati Uniti al momento del sisma che ha colpito Port-au-Prince, martedì scorso.

Domenica arriverà nell'isola il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, che intende portare solidarietà ai terremotati e fare una stima del fabbisogno reale della popolazione. Nelle prossime ore è arrivata a Port-au-Prince anche il segretario di Stato Usa Hillary Clinton. Il presidente americano Barack Obama ha promesso un impegno a lungo termine. Entro lunedì, ha detto il più alto ufficiale dell'esercito Usa, l'ammiraglio Mike Mullen, è previsto l'arrivo di 9mila-10mila soldati statunitensi ad Haiti e altri ne potrebbero arrivare in seguito. Haiti non ha esercito, e le sue forze di polizia sono state praticamente annientate dal terremoto. Il mantenimento dell'ordine è quindi affidato interamente alle forze Onu, circa 7mila soldati e 2mila poliziotti, impiegati già dal 2004 nella stabilizzazione del paese.

La Francia intanto ha deciso di stanziare due milioni di euro in aiuti alimentari. «Questa somma servirà da una parte a sostenere gli sforzi del Programma alimentare mondiale (Pam) che mirano a soddisfare le necessità della popolazione colpita e, dall'altra a sostenere un progetto dell'ong Action contro la fame per la distribuzione di biscotti proteici a più di 18.000 bambini con meno di cinque anni», ha precisato il portavoce del ministero degli Esteri Bernard Valero. Nel pomeriggio di sabato è arrviato nell'isola il C-130 dell'Aeronautica militare italiana con un ospedale da campo e gli equipaggiamenti sanitari necessari. L'ospedale da campo italiano con le 5 tende pneumatiche e la sala operatoria sarà montato a Port-au-Prince vicino all'ospedale pediatrico San Damien della ong Nph Nuestros Pequenos Hermanos - Fondazione Rava, nella zona dell'aeroporto.

Secondo le Nazioni Unite, sono 300mila le persone che il terremoto di Haiti ha lasciato senza casa. Una abitazione su dieci nella capitale Port-au-Prince è stata rasa al suolo. Da un'ispezione aerea compiuta con un elicottero dell'Onu, emerge che in alcune aree è stato distrutto il 50 per cento degli edifici. «Secondo una prima stima il dieci per cento delle abitazioni non esiste più» ha detto Elisabeth Byrs, portavoce dell'ufficio Onu per il coordinamento degli Affari umanitari, «il che più o meno corrisponde a 300mila persone rimaste senza un tetto».

Oltre agli edifici, il terremoto ha fatto crollare le già fragilissime istituzioni democratiche haitiane. Il presidente René Preval, scampato al crollo della residenza ufficiale, è ricomparso in pubblico ma il caos regna sovrano nella capitale haitiana. In una nazione che nel recente passato ha visto succedersi guerre civili e colpi di stato, il rischio che qualcuno possa approfittare della situazione per conquistare con le armi il potere è alto. Perfino l'ex presidente di Haiti, Jean Bertrand Aristide, che vive in esilio in Sudafrica, si è detto pronto a tornare nel suo paese per «portare aiuto alla ricostruzione».

 

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