Dopo aver espresso indignazione e minacciato ripercussioni per la decisione degli Stati Uniti di vendere armi a Taiwan, la Cina oggi ha preso le sue decisioni. Richiesta ufficiale di annullare la vendita, sospensione degli scambi e dei rapporti militari con gli Usa, congelamento di negoziati ad alto livello sulla sicurezza e imposizione di sanzioni commerciali alle aziende americane che venderanno armi a Taiwan.

Decisioni che giungono al culmine di un periodo turbolento nei rapporti tra Cina e Stati Uniti già provati dalla questione Tibet e dal più recente «affaire» Google. D'altronde, che l'iniziativa americana portasse con sè il rischio di un deterioramento delle relazioni tra di due Paesi lo aveva sottolineato subito il viceministro degli Esteri cinese, He Yafai. «Il progetto americano deteriora senza alcun dubbio i rapporti sino-americani e avrà un forte impatto negativo sugli scambi e la cooperazione in vari settori strategici», ha detto in un comunicato. E, all'ambasciatore americano in Cina Jon Huntsman, He ha detto ancora più esplicitamente: «Gli Stati Uniti si assumeranno la responsabilità delle serie ripercussioni che ci saranno se non correggeranno subito l'erronea decisione di voler vendere armi a Taiwan».

L«'erronea decisione» è stata annunciata ieri dal Pentagono: la vendita a Taiwan di armi per 6,4 miliardi di dollari, un «pacchetto» che riguarda elicotteri Blackhawk UH-60, missili Patriot a «capacità avanzata» (PAC-3), e altro materiale con funzioni di sorveglianza e di controllo. Immediata la reazione indignata di Pechino, che considera l'isola una sua provincia.

All'indignazione sono oggi seguiti i fatti. In una protesta formale all'ambasciatore americano, il vice ministro degli Esteri cinese ha chiesto di annullare la vendita di armi a Taiwan perchè si tratterebbe di «una grossolana ingerenza negli affari interni della Cina che mette gravemente in pericolo la sicurezza nazionale e nuoce alla riunificazione pacifica del Paese». Da parte sua, il ministero della Difesa cinese ha dichiarato la sospensione degli scambi e dei rapporti militari nonchè il rinvio di colloqui ad alto livello su sicurezza strategica, controllo delle armi e non proliferazione. A questo si è aggiunta la dichiarazione che «saranno imposte sanzioni commerciali alle aziende americane che venderanno armi a Taiwan», di cui però non sono stati forniti i nomi.

Soddisfazione, invece, per la decisione degli Stati Uniti è stata espressa da Taiwan. Il ministero della Difesa ha definito la vendita di armi un'iniziativa volta a «promuovere la pace» e a «dare maggiore fiducia a Taiwan nella strada verso uno sviluppo amichevole dei rapporti con la Cina». Ma per Pechino il progetto non fa altro che «soffiare sul fuoco della volontà di indipendenza dell'isola».

 

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