NEW DELHI – A dicembre la produzione industriale indiana è sorprendentemente cresciuta del 16,8% battendo nell'ordine: il dato di novembre (+11,8%), le aspettative degli analisti (oscillanti tra il +12% e il 12,6%) e tutti i record stabiliti dal 1990 (quando New Delhi non si era ancora aperta all'economia di mercato) a oggi. Il dato reso noto venerdì mattina dalla Central Statistical Organisation sembra essere la conferma definitiva che la terza economia asiatica sta uscendo di slancio dalla più grave crisi mondiale degli ultimi 80 anni, che la politica monetaria della Reserve Bank of India ha funzionato e che i pacchetti di stimolo del governo hanno dato i frutti sperati.

Tutto in discesa, quindi? Sembra di sì. Il 2010 sarà quindi, per l'economia indiana, l'anno di record? Probabilmente no. A mettere le mani avanti è stato, poco dopo la pubblicazione dei dati, Montek Singh Ahluwalia, vicepresidente della Planning Commission, ovvero il più autorevole e influente think tank governativo in materia di programmazione economica: «Il dato di dicembre – ha detto – è un caso isolato».

A consigliare ad Ahluwalia di vestire i panni del pompiere è una scadenza che nei palazzi della politica di New Delhi tutti hanno a mente da settimane. Il giorno è il 26 febbraio prossimo quando il ministro delle Finanze Pranab Mukherjee scenderà dalla sua Ambassador bianca con in mano la tradizionale valigetta di pelle ed entrerà in parlamento per annunciare il budget per il prossimo anno fiscale.

Dopo che lo scorso anno, proprio di questi tempi, non passava settimana senza che il governo non limasse un'aliquota, mettesse a punto un pacchetto di stimolo e lanciasse un programma di grandi opere oggi il clima è diverso: l'economia è ripartita, l'inflazione ha ripreso a galoppare e il rapporto deficit pil è ai massimi da 16 anni. Nel giro di 12 mesi le priorità sono cambiate, e lo hanno fatto più rapidamente di quanto fosse lecito attendersi: «contenere», non più «stimolare», sembra essere il nuovo mantra.

Per accorgersene è sufficiente guardare agli indicatori di crescita: il governo stima che l'anno si chiuderà con il Pil in avanzamento del 7,2%, la Banca centrale prevede un +7,5% e gli ottimisti, che in un paese in piena e orgogliosa ripresa non mancano mai, qualche cosa in più. L'India Purchasing Managers' Index pubblicato di Hsbc e Markit Economics sembra dargli ragione: a gennaio ha toccato i 57,6 punti, ovvero il livello più alto da 17 mesi a questa parte. Il mercato dell'auto, sempre lo scorso mese, ha visto crescere del 32,3% le immatricolazioni e soprattutto ha registrato con 145.905 vetture il record di vendite di tutti i tempi, battendo quello del novembre 2009, stabilito appena prima che la crisi contagiasse l'India. Anche le industrie esportatrici, le uniche ad avere veramente sofferto del brusco rallentamento delle economie mature, sembrano essere ripartite. Da tre mesi, complice in parte la bassa base di partenza di un anno fa, il dato dell'export è tornato a essere preceduto dal segno più e, a gennaio, ad avere due cifre.

Tanta effervescenza si è fatta sentire a livello di prezzi con l'inflazione all'ingrosso, storicamente l'indicatore di riferimento in India, al 7,3% a dicembre e quella, politicamente esplosiva, dei beni di primissima necessità al 17,94% nell'ultima settimana di gennaio. Dati che assieme a quelli del deficit, previsto a fine anno fiscale al 6,8% del Pil, sembrano suggerire che nei mesi a venire siano in arrivo una serie di misure per rimpinguare le casse dello stato, rassicurando le agenzie di rating e rallentare la corsa dei prezzi, calmando le ire dei consumatori. Quando i prezzi di patate e lenticchie crescono di oltre il 40% in un anno incolpare i monsoni può anche aver senso, ma, con le elezioni alle porte in Bihar, uno stato tra i più poveri e popolosi dell'Unione (83 milioni di abitanti) politicamente serve a poco.

I ritocchi fiscali in arrivo sembrano destinati a incidere soprattutto su quel settore manifatturiero che a dicembre è cresciuto del 18,5% sull'onda di quelle voci come beni durevoli (+46%) e beni capitali (+38,8%) che hanno goduto in maggior misura degli sconti decisi un anno fa. Proprio il clima da "fine saldi" potrebbe avere convinto più di una famiglia e diverse imprese ad anticipare investimenti programmati per il futuro sulla scorta della consapevolezza che nei mesi a venire il ministero delle Finanze potrebbe essere meno benevolo di quanto non sia stato fino a oggi.

Scarsa attesa invece circa le mosse future della Banca centrale. Non più tardi di giovedì un alto funzionario dell'istituto ha lasciato intendere che la nuova linea in futuro sarà, quanto più possibile, di annunciare i ritocchi ai tassi d'interesse in occasione delle revisioni programmate della politica monetaria (la prossima è ad aprile) e non più a sorpresa come è accaduto spesso nell'ultimo anno. Segnale ulteriore, forse, che la fase emergenziale sembra essere alle spalle.