Gli ultimi dati economici tedeschi hanno messo in luce, ancora una volta, quanto la Germania dipenda dalle esportazioni, in altre parole dalla domanda interna dei suoi vicini. Il destino ha voluto che queste statistiche giungano mentre il paese si interroga nervosamente sull'opportunità o meno di aiutare la Grecia, in difficoltà finanziaria. In alcuni settori della società tedesca l'idea di un aiuto al governo greco è vista con evidente sfavore.

Nel quarto trimestre del 2009, l'economia in Germania ha registrato un netto rallentamento. Secondo l'Ufficio federale di Statistica il prodotto interno lordo è rimasto invariato rispetto al trimestre precedente quando era cresciuto dello 0,7%. I consumi sono scesi, l'export ha tenuto. Gli economisti parlano di una pausa: la ripresa pur altalenante dovrebbe continuare. D'altro canto in gennaio la fiducia delle imprese tedesche è salita nuovamente.

Il governo federale si aspetta una crescita dell'1,4% nel 2010, più cauto della Bundesbank che prevede un'espansione dell'economia dell'1,6%. Il problema naturalmente è che tutto (o quasi) dipenderà dalla domanda internazionale, vista la debolezza dei consumi in Germania. Paradossalmente, il paese che più dipende dalla buona salute dei suoi vicini è quello che oggi è meno convinto dell'idea di salvare la Grecia, se fosse necessario.

La verità è che la Germania è drammaticamente combattuta. L'establishment è consapevole dei rischi di una deriva greca e poi spagnola. Sa che la crisi di questi giorni potrebbe creare non pochi problemi ai suoi esportatori e soprattutto alle sue banche. Ma il paese non vuole pagare per altri; è convinto che salvare la Grecia significa dare il cattivo esempio e mettere in pericolo la credibilità di una moneta unica che si fonda su bilanci nazionali in ordine.