KABUL - Con la guerra afghana l'ossuto e ceruleo Stanley McChrystal è diventato il generale più potente della storia americana dopo l'11 settembre. McChrystal sta per assumere il controllo diretto delle forze speciali, i famosi corpi di élite come Delta Force e Seals, che erano sempre rimasti fuori dalla catena di comando dello stato maggiore americano. Le operazioni segrete finora sono state decise dal Joint Special Operations Command, una struttura autonoma che negli anni di Bush era diretta proprio da McChrystal e rispondeva direttamente al ministro della Difesa e alla Casa Bianca, cioè al potere politico. Le polemiche roventi sulle stragi di civili afghani nelle operazioni delle forze speciali e forse anche il recente scandalo dei contractors, pagati per fare i killer con i soldi del Pentagono, devono aver favorito o accelerato questa decisione.

McChrystal, come fu il Raj britannico delle Indie, è una sorta di viceré dell'Afghanistan, e dopo aver unificato i comandi della Nato con quelli americani ha pieni poteri anche su quelle attività segrete che sfuggivano al suo controllo, dai raid dei corpi speciali a quelli dei droni, gli aerei senza pilota. Questo è l'Afghanistan dei generali, che insieme alle competenze militari esercitano un'influenza politica rilevante: il presidente Obama vuole iniziare il ritiro dall'Afghanistan nell'agosto del 2011 ma sul terreno ha bisogno di un McChrystal per scorgere, anche da lontano, questo traguardo.

Sul campo i nuovi generali prendono posizioni decise, disinvolte. Il comandante del contingente turco, 1.800 uomini, Levant Colak, è uno di questi. Ha la responsabilità militare di Kabul e ammette con franchezza che i suoi uomini si mescolano alla popolazione locale in abiti civili: «Certamente - rivendica con orgoglio - perché non si sentono minacciati, io stesso vado in giro senza elmetto e giubbetto anti-proiettile». Fuori dal suo ufficio, nel centro di addestramento dominato da un busto di Ataturk, 600 reclute marciano e salutano alla turca gridando a squarciagola: «Men Asterem, Ben Askerin», io sono un soldato, in lingua dari e in turco. Levant Colak, che è riuscito a inquadrare persino gli afghani, si è anche autocelebrato e consegna agli ospiti un cofanetto con una medaglia ricordo della missione dove ha inciso trionfalmente il suo nome.

Sarà lui, il generale turco, a occuparsi della sicurezza nella capitale per la conferenza internazionale di giugno e la Loya Jirga di fine aprile, la grande assemblea dei capi politici e tribali afghani che dovrà decidere il destino della nazione e forse anche la riconciliazione con i talebani. Un negoziato difficile perché il braccio destro del mullah Omar, Abdul Ghani Baradar, arrestato il mese scorso dai pakistani a Karachi su indicazione degli Stati Uniti, era in contatto diretto con il presidente Hamid Karzai. Baradar, dal 2004, aveva già rappresentato il mullah Omar in diversi negoziati anche con la mediazione dei sauditi.

L'”affaire Baradar” si presta a diverse interpretazioni. La più evidente è che Washington, diversamente dagli inglesi, non vuole accelerare la trattativa prima dell'offensiva prevista per questa estate su Kandahar; un'altra, secondo quanto sostiene un grande esperto come il giornalista e scrittore Ahmed Rashid, è che i pakistani puntano a essere protagonisti del negoziato e inviano alla leadership della guerriglia, da loro a lungo protetta, messaggi ben mirati. Karzai, furibondo, la notte scorsa, ha avuto una conversazione di un paio d'ore con Obama: l'”affaire Baradar” promette di lasciare strascichi.

Tra queste gole insidiose colore della cenere, sfumano rapidamente le illusioni degli uomini e degli Imperi. McChrystal, oggi l'uomo più potente del paese, conosce sicuramente la vicenda del primo americano nella storia a entrare in Afghanistan: fu, nel 1828, un ufficiale laureato a West Point, proprio come il generale. Si chiamava Josiah Harlan, mercenario e spia di mestiere - oggi sarebbe stato un contractor - al servizio della Compagnia britannica delle Indie Orientali. Cambiò più volte padrone, finché fu assunto come esperto di artiglieria da Dost Muhammad il signore dell'epoca. Condusse, a suo dire, epiche campagne militari contro gli hazara che poi gli giurarono fedeltà elevandolo a Principe di Ghor. Qualche tempo dopo arrivarono gli inglesi e questo quacchero corpulento e barbuto con le truppe rimaste salì in montagna, piantando la bandiera americana sui picchi innevati dell'Hindukush.

Alla fine Harlan tornò negli Stati Uniti dove morì nel 1871, dopo avere fallito l'ultimo tentativo di imporre ai lancieri il cammello come alternativa alla cavalleria. Vent'anni dopo Rudyard Kipling si ispirò alla sua storia per scrivere "L'uomo che volle essere re". Il fascino dell'Afghanistan deve essere arrivato intatto da Harlan a McChrystal, il nuovo principe che vuole sottomettere i talebani.