La pausa che rinfresca. Strana intervista quella di Nicolas Sarkozy al Figaro Magazine alla vigilia del primo turno delle elezioni regionali. Per la prima volta il presidente che aveva fatto del riformismo a passo di carica una professione di fede, ha deciso di prendere un po' di recul, distacco. Dopo tre anni forsennati durante i quali ha cercato di rifare la Francia da cima a fondo, portando avanti allo stesso tempo decine e decine di riforme, si è accorto di non esserci ancora riuscito.
Il suo sforzo - encomiabile - è rimbalzato contro il muro della crisi e lo scetticismo di un'opinione pubblica in overdose. Popolarità ai minimi, partito gollista in grande affanno, sinistra sempre confusa ma ringalluzzita dalla prospettiva di una vittoria alle regionali. Ecco l'istantanea di un presidente che ha scelto di non fare campagna elettorale, almeno non apertamente, e di non apporre il suo marchio una volta vincente sugli sforzi dei soldati dell'Ump.
La Francia dei piccoli grandi localismi è pronta ancora una volta a votare a gauche, che si tratti dei socialisti, dei verdi, del politicamente scorretto Georges Frêche. Quello di domani è l'ultimo appuntamento con le urne prima delle presidenziali del 2012, la sanzione prima di una sfida che Sarkozy oggi non è più sicuro di poter vincere. Quindi meglio prendersi "una pausa" dopo aver portato a termine in autunno la riforma delle pensioni.
Una parola inconsueta per lui, segnale di un cambiamento profondo nella strategia che lo accompagnerà fino alla fine del mandato. Il centro è di destra e la periferia continua ad essere un affare della sinistra, premiata da un meccanismo di contrappesi e dalla sempiterna volontà degli elettori di non firmare assegni in bianco o postdatati: «È un modo per i francesi di continuare a praticare una strana forma di coabitazione», sostiene Pascal Perrineau, direttore del Cevipof di Parigi, Centro studi della vita politica francese, che invita però a non sopravvalutare l'importanza del test di domani. Le grandi città (soprattutto gli agglomerati urbani che gestiscono i fondi dei progetti infrastrutturali) nonché alcuni dipartimenti strategici restano su scala locale centri decisionali e di competenze più importanti delle regioni. Quindi, nessuna conclusione affrettata: «La grande vittoria della sinistra nel 2004, che lasciò alla destra soltanto l'Alsazia e la Corsica, non impedì a Sarkozy di conquistare l'Eliseo tre anni più tardi».
Guardando alla storia delle elezioni regionali si scopre che hanno sempre prodotto un equilibrio rispetto al potere centrale, in particolare quello presidenziale. François Mitterrand era circondato dalla destra. Jacques Chirac fu accerchiato alla prima occasione nel 1998.
La sinistra ha talmente il vento in poppa e tali riserve di voto e combinazioni possibili al ballottaggio, che spera addirittura nel grande slam con la conquista degli ultimi due baluardi locali della destra (ma in Alsazia la partita sembra difficile). Martine Aubry, segretario socialista, ci conta, anche se guarda con preoccupazione all'ascesa dei Verdi guidati da Daniel Cohn-Bendit, confermati dai sondaggi come terza forza politica del paese con il 13% di preferenze.
Va detto che l'impopolarità di Sarkozy aiuta molto l'opposizione, per cui è difficile vedere se i socialisti brillano di luce propria oppure campano sulle difficoltà del presidente. Nella fase acuta della crisi il mondo era anestetizzato dalla paura e Sarkozy è stato senza dubbio il più reattivo ed efficace tra i leader europei. Adesso che si tratta di risolvere l'equazione dell'exit strategy e che il dolore delle fabbriche chiuse e delle imprese fallite si fa sentire, è tutto terribilmente più difficile. Anche per l'onnipresidente.
Resta il mistero buffo di una sinistra capace di vincere e governare (spesso bene) in periferia, ma cronicamente incapace di arrivare alla poltrona presidenziale a causa delle rivalità interne e alla mancanza di un leader forte e carismatico.
La vittoria, domani e nella domenica successiva, non aumenterà automaticamente la sua capacità di conquista dell'Eliseo, ma è un piccolo capitale di speranza che poggia sull'inattesa (a questi livelli) debolezza di Nicolas Sarkozy.

Tutte le donne del presidente francese
Aria di crisi tra Sarkozy e Carla Bruni

 

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