Jerzy Pomianowski è nato nei primi anni Venti e nella sua vita ha potuto osservare con attenzione quasi un intero secolo della spesso drammatica storia del suo paese. A lungo in Italia, ha insegnato letteratura polacca nelle Università di Bari, Firenze e Pisa. Poi, tornato in Polonia con il crollo del regime comunista, ha fondato la rivista in lingua russa Novaja Polsha, che tuttora dirige. Traduttore di Andrej Sacharov e di Aleksandr Solzenicyn, Pomianowski è un grande conoscitore delle relazioni tra la Polonia e la Russia.

All'indomani della tragedia aerea in cui è morto il presidente polacco Lech Kaczynski, insieme con decine di importanti esponenti del governo, del Parlamento e dell'esercito che stavano andando a commemorare la strage di Katyn, Pomianowski parla con Il Sole 24 Ore.com dello stato dei rapporti tra Mosca e Varsavia. Il professore ne ha una conoscenza di prima mano, come componente della Commissione mista russo-polacca per le Questioni difficili. Tale gruppo è guidato per la parte polacca dall'ex ministro degli Esteri Rotfeld ("Uno dei migliori diplomatici del mondo", lo definisce Pomianowski); per la parte russa, invece, dal rettore della prestigiosa Università moscovita Mgimo, Anatoly Torkunov.

L'incidente aereo di Smolensk è più che un evento drammatico, spiega Pomianowski: "Non ci sono praticamente precedenti per una catastrofe che ha colpito una parte del governo e tutto il comando delle forze armate". Il presidente Lech Kaczynski non aveva partecipato alla commemorazione in cui si erano incontrati il premier polacco, Donald Tusk, e il suo omologo russo, Vladimir Putin; in conseguenza dei suoi rapporti non idilliaci con le autorità moscovite, aveva preferito partecipare a una delegazione separata tutta polacca. "Il tragico incidente di ieri – dice Pomianowski – è in un certo senso anche il risultato della differenza di opinioni fra il campo politico attorno al presidente Kaczynski e la sfera legata al governo, guidato da un partito avversario di Legge e Giustizia, il movimento politico dal quale proveniva il compianto presidente".

Ma la traumatica scomparsa del capo dello Stato pare non debba preludere a repentini cambi nel più recente corso del governo polacco in politica estera. Peraltro – spiega Pomianowski – "Lech Kaczynski era senz'altro un uomo di buona volontà, però la vera guida intellettuale e morale sua e del suo ex partito (ex partito perché i presidenti una volta eletti devono lasciare il partito cui aderivano) era suo fratello Jaroslaw, che è rimasto come capo dell'opposizione, in quanto leader del fortissimo partito Legge e Giustizia". In ogni caso, comunque, non si deve dimenticare che "la Polonia è un paese profondamente legato alle idee di democrazia e libertà, anche perché per più di due secoli è stata priva del proprio governo e senza neppure l'ombra di una democrazia.

Per i polacchi hanno dunque grande importanza le regole democratiche: la politica internazionale dipende dal governo e non da qualche altra autorità". Quindi – dice Pomianowski – "la politica estera dipende dal primo ministro Donald Tusk e dal suo ministro degli Esteri, Radoslaw Sikorski, che è un uomo giovane ma assai importante in seno al governo" E la via percorsa da Tusk e dal suo esecutivo "non è una politica di compromesso, però è fatta di piccoli passi pragmatici verso la normalizzazione dei rapporti tra la Polonia e il suo potentissimo vicino geopolitico: la Russia". Passo inevitabile dopo la sconfitta dei pro-occidentali in Ucraina: "Dopo le elezioni ucraine che hanno dato il potere a Yanukovich, sostenitore delle idee arcaiche del diritto all'egemonia della Russia, per la Polonia era veramente una cosa necessaria trovare una ‘lingua politica comune' che fosse comprensibile ad ambedue le parti.

Putin, uomo astuto e molto intelligente, ha provocato qualche grande passo da parte polacca, una mobilitazione sia dei mezzi di comunicazione sia della classe politica per mettere finalmente da parte le piccole beghe con la Russia". Al centro di tutto, c'è proprio la visita a Katyn di Putin, pur accompagnata da parole che ai polacchi sono parse un po' troppo vaghe. Ma l'aspetto più importante nella presenza del premier russo sul luogo dell'eccidio di soldati e civili polacchi nel 1940 è, secondo Pomianowski, il fatto che "finalmente ha esposto agli occhi di tutto il popolo russo un episodio che finora era quasi sconosciuto. Recentemente l'Istituto Levada, il più importante e libero istituto di ricerche sull'opinione pubblica in Russia, ha comunicato che soltanto il 18 per cento dei russi sa cosa è successo a Katyn e che i colpevoli di quella strage furono non i tedeschi ma il governo di Stalin e l'Nkvd, successivamente molto più noto come Kgb. Soltanto l'intelligencija russa sapeva orientarsi riguardo a cosa era successo e a quale fu la funzione dell'Unione Sovietica nei tristi anni 1939-41, quando Stalin era, diciamolo pure, il migliore alleato di Hitler".

Altro elemento di profondo interesse ricordato da Pomianowski è il fatto che "il film ‘Katyn' del mio amico Andrzej Wajda sarà trasmesso in Russia sui principali canali tv di tutto il paese". Non soltanto note positive, però. Nel giorno successivo alla comune commemorazione a Katyn, Putin e Tusk si sono incontrati. E pare che presto verrà firmato un contratto "tra Gazprom e la Polonia secondo cui fino al 2037 Varsavia sarà obbligata a fornirsi di gas e petrolio soltanto dalla Russia, senza approfittare di altre fonti. Cosa che – rileva Pomianowski – è contraria allo statuto e alle leggi dell'Ue, che richiedono che ogni membro si fornisca al massimo per il 33 per cento da un unico fornitore di materie prime strategiche". Una prospettiva preoccupante, ma d'altronde "i cannoni sono stati sostituiti dal gas e le materie prime strategiche sono uno strumento di pressione molto più importante delle azioni belliche".

In ogni caso, il professore polacco sembra ottimista: "La Commissione mista russo-polacca per le cosiddette questioni difficili ha come scopo l'allontanamento di tutti gli storici impedimenti che hanno finora guastato le relazioni amichevoli fra la Russia e la Polonia. E nei primi due anni abbiamo già spostato dal tavolo delle trattative moltissime questioni che ci dividevano dai nostri colleghi e vicini russi. In questo modo si pulisce un campo che prima era ricoperto soltanto dalle ortiche". E in definitiva – conclude Pomianowski – "dal mio punto di vista, a parte questo triste fatto della dipendenza dalle materie prime strategiche dalla Russia, la normalizzazione dei nostri rapporti in tutti gli altri campi è una cosa non soltanto positiva, ma anche molto promettente".

 

Shopping24