Il vulcano islandese Eyafjallajokull blocca ancora l'Europa. La nube nera che ha avvolto i cieli, ha coinvolto gli aeroporti non solo del Vecchio Continente, ma con un effetto a catena, tutto il mondo. Con danni economici enormi, quantificati da Iata al ritmo di 200 milioni di dollari al giorno per le compagnie aeree e in miliardi di dollari per l'economia mondiale. Sotto accusa la chiusura indiscriminata degli spazi aerei europei.

C'è stato un eccesso di zelo? Il Sole24ore.com lo ha chiesto a Enzo Boschi, presidente dell'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia.
«Chiudere i cieli ai voli è una precauzione indispensabile in base alle nostre conoscenze. Sarebbe stato necessario investire di più sui sistemi di analisi e osservazione di fenomeni rari e dimenticati, come questo, sui quali non c'è una grande casistica. Difficile sapere rapidamente dove andrà a finire la nuvola nera o misurare la consistenza dei grani di polvere».

Quali sono i rischi per i voli aerei?
«La prudenza è d'obbligo in quanto la cenere scatenata dal vulcano islandese è composta da silicati e metalli, sostanze corrosive che bloccano i reattori degli aerei e gli impediscono di volare».

Oggi dunque si paga non aver affrontato per tempo i possibili rischi?
«È evidente che il problema non è stato affrontato a livello europeo e oggi la situazione ha superato i confini politici islandesi creando problemi in Europa e in tutto il mondo. È indispensabile mettere a punto sistemi più puntuali di rilevazione, adoperare migliori strumentazioni in grado di valutare la densità delle ceneri in maniera rapida, dalla terra e dallo spazio. Occorre gente che si occupi full time di questi temi. Perché creano problemi rari, che però si verificano. Anche in Italia.

Il caso italiano più eclatante?
L'eruzione dell'Etna nel 2002Nel 2002 un problema analogo si verificò in Sicilia, con un'eruzione dell'Etna. Una nube di cenere che fece cancellare centinaia di voli e chiudere non solo aeroporti del Sud Italia, ma anche quelli africani. Un'eruzione dimenticata perché non coinvolse, come quella attuale, importanti scali europei. Ma a quell'epoca sui tetti di Catania si depositarono 2 chili per metro quadrato di cenere e ci fu grande preoccupazione per l'eventualità che la pioggia potesse compattarla. Fu chiuso l'aeroporto di Catania, ma anche quello di Reggio Calabria e molti scali africani. Poi però fu tutto dimenticato».

L'eruzione dell'Etna iniziò il 26 ottobre 2002 e terminò il 28 gennaio 2003, dopo 3 mesi ininterrotti di «attività effusive ed esplosive», spiegano all'Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. La massima altezza della colonna eruttiva fu di 7 chilometri. Le ceneri del vulcano raggiunsero le isole Eolie, Campania, la parte meridionale del Lazio, la Libia e la Grecia, comprendo distanze superiori a 500 chilometri. A circa 15 chilometri dal vulcano il peso della cenere fu di 2,1 kg/mq mentre addirittura di poco meno di 10 chili a metro quadro a Nicolosi (esattamente 9,7 kg/mq).


L'eruzione dell'Etna nel 2002

 

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