Mentre gli uomini erano in mare – e qualche volta tornavano in porto, qualche volta invece no – le donne islandesi amministravano la casa e la comunità. Con secoli di esperienza alle spalle, le donne dell'isola sono state tra le più precoci in Europa nel percorso di sottrazione ai maschi di una parte delle leve del potere politico ed economico. Nel 1980 Vigdís Finnbogadóttir, già direttrice della Compagnia teatrale di Reykjavík, fu la prima donna a essere eletta capo dello Stato in un paese democratico. Rimase presidentessa per quattro mandati consecutivi, fino al 1996.

In seguito alla crisi finanziaria che ha travolto il paese, l'anno scorso è diventata primo ministro la socialdemocratica Jóhanna Sigurdardóttir, ex hostess della compagnia di bandiera Loftleidir e unico premier del mondo dichiaratamente omosessuale. Sono donne anche molti dei dirigenti chiamati a risanare le banche che dopo il crack finanziario (dovuto a precedenti gestioni maschili ultraspregiudicate) sono state nazionalizzate. Le islandesi hanno commentato dicendo che come sempre gli uomini fanno casino e poi arrivano le donne per pulire.

Gli islandesi sono pochi, ma non così pochi da conoscersi tutti: gli abitanti dell'isola sono più di trecentomila. Eppure tutti si chiamano per nome. I cognomi, anzi, non esistono proprio. Ognuno ha soltanto il patronimico, cioè il nome del padre seguito dal suffisso "son" per i maschi e dal suffisso "dóttir" per le femmine. Anche sull'elenco del telefono gli abbonati vanno cercati in ordine alfabetico facendo riferimento al nome di battesimo. E per nome di battesimo si chiama anche il presidente della Repubblica oppure il padrone dell'azienda in cui si lavora. Se in Islanda qualcuno ha un cognome vuole dire che è un cittadino di origine straniera oppure che ha scelto uno pseudonimo, come ad esempio lo scrittore premio Nobel Halldór Kiljan Laxness (nato Halldór Gudjónsson).

In principio furono gli Sugarcubes. Era la fine degli anni Ottanta e a Londra si ballava con lo sghembo pop elettronico di una band islandese. Poi la cantante degli Sugarcubes, Björk Gudmundsdóttir, abbandonò il complicato patronimico e si mise in proprio. Fu un successo planetario. Da allora tutti conoscono i personalissimi vocalizzi di Björk e i suoi occhi a mandorla sono diventati un'icona. Nel 2004 il regista Lars von Trier la scelse come protagonista di "Dancer in the Dark" e a Björk arrivò anche la Palma d'oro a Cannes come miglior attrice. Sulla sua scia molti altri musicisti islandesi, spesso inclini a raffinate sperimentazioni, si sono fatti conoscere all'estero. Di band come i Múm, i GusGus o i Sigur Rós nessuno sa pronunciare correttamente i nomi, ma i palati fini di tutto il mondo ne decantano le canzoni. Tra le star musicali venute da Reykjavík c'è anche la cantante Emilíana Torrini, che deve il suo nome, ultraesotico alle orecchie dei suoi connazionali, a un padre italiano.

Gli islandesi, non appena diventati tali in seguito alla creazione dei primi insediamenti sull'isola (alla fine del IX secolo), hanno iniziato a raccontare storie. E prestissimo hanno cominciato a scriverle. Le saghe che attingono alle vicende storiche locali costituiscono il nucleo pulsante della narrativa nordeuropea, e l'"Edda" dell'islandese Snorri Sturluson, manuale di poetica e compendio di episodi mitologici scritto attorno al 1220, è una pietra d'angolo nella storia delle letterature nordiche. La lingua islandese moderna ha conservato una parentela strettissima con l'antico norreno e gli scrittori che la usano, dopo il prestigioso esordio del XIII secolo, non hanno mai smesso di arricchire la letteratura nazionale. Nel 1955 i romanzi di Halldór Kiljan Laxness conquistarono un Nobel per il loro autore e anche oggi, in rapporto ai poco più di trecentomila abitanti dell'isola, è sorprendente il numero di narratori, poeti e drammaturghi (e il loro talento). Apprezzati all'estero, anche grazie all'orgoglioso impegno del Bókmenntakynningarsjódur, il Fondo che finanzia la traduzione di autori islandesi nelle altre lingue, alcuni scrittori dell'isola come Hallgrímur Helgason, Arnaldur Indridason, Einar Már Gudmundsson e Hrafnhildur Hagalín hanno avuto un certo successo anche in Italia.

Qualche anno fa, quando l'economia islandese rombava e con essa rombavano i Suv comprati dai moltissimi beneficiari del velleitario boom finanziario (con il crack del sistema bancario le potenti Range Rover furono poi ribattezzate "Game Over"), Reykjavík si dava arie da Ibiza dei ghiacci. Nella capitale islandese si ammassavano in poche centinaia di metri alcuni tra i locali più cool d'Europa, straordinariamente costosi e molto animati. Corroborati da robustissime razioni di alcol i giovani islandesi si scoprivano vitalisti, tentando di andare in controtendenza rispetto alla mesta compostezza nordica. L'ebbrezza di provare la nightlife in un posto dove non te l'aspetti condusse in Islanda molti curiosi, specie dall'Inghilterra, dalla Scandinavia e dagli Stati Uniti. E anche grazie alla frequentazione dell'isola da parte di star come i Prodigy e Damon Albarn, cantante dei Blur, la leggenda sulle notti agitate dell'isola continuò a consolidarsi per anni.

Sfogliando un vocabolario della lingua italiana, non è frequentissimo leggere, nelle righe dedicate all'etimologia di una parola, l'espressione "dall'islandese". Questo accade se si cerca il lemma "geyser", che attraverso l'inglese viene proprio dall'islandese "geysir". Infatti l'Islanda è l'unico posto in Europa dove ci siano tali sorgenti calde che eruttano colonne di acqua bollente. Orgogliosi dei bizzarri fenomeni naturali di origine vulcanica della loro terra, in cui l'uomo percepisce tutta la propria fragilità (da noi lo aveva già capito il Leopardi del "Dialogo della Natura e di un islandese"), gli abitanti dell'isola non vogliono rinunciare ad antiche credenze. Secondo serie indagini di opinione, una percentuale sorprendente di islandesi (tra cui la celebre cantante Björk) esibiscono senza imbarazzi la convinzione di condividere la loro isola con elfi e altre creature fatate.

Un po' perché sono pochi, un po' perché il clima non si concilia un granché con le attività all'aperto, nelle competizioni sportive internazionali gli islandesi sono quasi sempre fuori dal medagliere. La nazionale di calcio è tra le meno competitive d'Europa. Eidur Gudjohnsen che ha vinto con il Chelsea due campionati inglesi è un'eccezione, almeno tra gli uomini. La nazionale femminile di calcio ha invece un dignitosissimo diciottesimo posto mondiale nel ranking della FIFA. Contrariamente a quanto si potrebbe pensare cedendo ai luoghi comuni sulla "terra dei ghiacci", anche negli sport invernali gli islandesi non sono dei fenomeni, anzi. Invece, a confronto con i team islandesi che praticano gli altri sport di squadra, la nazionale di pallamano è un'iradiddio. Capace di qualificarsi costantemente alle fasi finali delle competizioni più importanti, la nazionale di pallamano islandese ha vinto la medaglia d'argento alle Olimpiadi di Pechino del 2008 e a gennaio di quest'anno è arrivata terza nel Campionato europeo che si è giocato in Austria.

 

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