Dovremmo essere tutti a favore della costruzione di nuovi centrali nucleari, come tecnologia-ponte finché non saremo in grado di ricorrere unicamente a fonti rinnovabili per l'elettricità, il riscaldamento e il carburante. Le fonti rinnovabili sono la forma energetica più desiderabile, perché sono sicure, hanno una buona diffusione geografica e il combustibile è gratis. L'obiettivo Ue per le rinnovabili è di raggiungere il 20% entro il 2020. È un buon obiettivo, e va realizzato. Ma l'80% resta ancorato ad altre fonti energetiche. Ci vorranno diversi decenni prima che l'Ue possa dirsi rinnovabile al 100%.
Ho passato 18 anni, dal 1989 al 2007, a disquisire e a battermi contro l'energia nucleare, nel mio lavoro per Ong, think-tank e per il governo britannico. Nel 2006 ho letto dei rapporti sul permafrost che si sta sciogliendo in Siberia; nel processo vengono rilasciate quantità enormi di gas metano, che contribuisce in modo potente all'effetto serra, e questo mi ha indotto a riflettere con grande serietà sulla mia posizione. La crisi climatica oggi è talmente grave che dobbiamo fare tutto il possibile per tenerla sotto controllo. L'energia nucleare non è a emissioni zero di carbonio. Ma è a bassa emissione e, per questo motivo, è venuto il momento di accettarne l'uso come tecnologia-ponte.
L'Ipcc (il Panel intergovernativo sui cambiamenti climatici), creato alla fine degli anni 80 per valutare le questioni scientifiche e per offrire consulenza ai governi, ha concluso nel 2007 che il cambiamento climatico è ormai «inequivocabile» e che «probabilmente» (cioè con una probabilità superiore al 90%) è provocato dalle attività umane.
Automobili, camion e treni possono e dovrebbero usare l'elettricità, non il petrolio. Già nei veicoli ibridi-elettrici di oggi le emissioni di carbonio per chilometro percorso sono inferiori rispetto ai motori a benzina o a gasolio e, via via che questi ibridi diventano sempre meno inquinanti, le emissioni si abbassano ulteriormente. La qualità dell'aria migliorerà ulteriormente con i veicoli elettrici: un loro uso più diffuso significa che, a prescindere dai progressi nell'efficienza energetica, ci sarà un aumento significativo dell'uso dell'elettricità in tutto il mondo e nell'Ue. E ci sono altre ragioni per cui l'uso dell'elettricità aumenterà. Un sistema sensato per ridurre le emissioni dovute alla generazione di calore è il Ground source heat pump (Gshp, pompa di calore geotermico). Questo sistema pompa il liquido sottoterra, dove viene riscaldato dall'energia assorbita dal sole, e poi lo riporta in superficie, nell'edificio da riscaldare. Quest'energia è a emissioni zero e le Gshp dovrebbero essere obbligatorie per le nuove costruzioni: ma la pompa funziona a elettricità. Ci sarà anche una domanda crescente di climatizzatori, perché le estati saranno sempre più calde. La situazione peggiorerà con l'aumentare delle temperature, quindi la tesi che il condizionamento dell'aria sia sempre superfluo o indesiderabile non è difendibile.
Nessuna forma di produzione di elettricità è totalmente priva di emissioni di carbonio. Ma le emissioni prodotte dall'intero ciclo nucleare (compresi il decommissioning e la gestione delle scorie) sono un decimo circa di quelle generate da una normale centrale elettrica a carbone, un quarto di quelle di una centrale a gas, all'incirca uguali alle emissioni prodotte dall'energia solare e circa il quintuplo di quelle dell'energia eolica: un'altra ragione per cui questa fonte energetica va diffusa il più rapidamente possibile.
È chiaro che ci sono dei rischi associati all'energia nucleare, tra cui le scorie radioattive, l'inquinamento e il costo. Sono rischi seri, e di sicuro non vanno ignorati. Tuttavia sono meno seri del rischio di un aumento di sei gradi nelle temperature globali. Le scorie radioattive andrebbero sotterrate, a una profondità che le metta al riparo da eventuali attacchi o bombardamenti, ma che ne permetta anche il monitoraggio.
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Il testo completo dell'articolo di Stephen Tindale che sarà pubblicato in maggio in Italia dalla rivista Oxygen

 

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